Dall’esterno, il palazzo sulla 42ª strada di Manhat­tan, a New York, non sembra un granché. Ma dietro la facciata di vetro scuro si nasconde un regno del lusso. Ci sono una piscina riscaldata di cinquanta metri e un campo da basket. Dai piani alti c’è una meravigliosa vista su Times square. Per Konrad Bicher, il trilocale al quarantatreesimo piano dell’edificio dev’essere stato il coronamento di un sogno, la ciliegina sulla torta del suo piccolo impero di appartamenti affittati su Airbnb. Quando consegnava le chiavi alle troupe cinematografiche o agli influencer che lo usavano come sfondo per i loro video, intascava cento dollari all’ora.

La vita del trentunenne statunitense sembra uscita da un film di Hollywood ed è esattamente quello che Bicher voleva. Si faceva chiamare il “lupo di Airbnb”, alludendo al film di Martin Scorsese The wolf of Wall street, in cui Leonardo DiCaprio interpreta un broker senza scrupoli. Un lupo, ha detto in un’intervista, è “ingordo e incosciente quanto basta per salire fino all’ultimo gradino della scala sociale”. Lui, però, non è diventato famoso quando ha raggiunto il vertice, ma quando è caduto. Il 27 ottobre il procuratore distrettuale di New York l’ha accusato di truffa e, sommando i vari capi d’accusa, Bicher rischia ora fino a quarant’anni di carcere. La sua parabola non è una semplice storia criminale, ma un caso esemplare dei paradossi degli affitti brevi. Per tanti anni le autorità di vari paesi hanno osservato impotenti il proliferare di questo mercato. Ora possono intervenire.

Illustrazione di Ale&Ale

Avrei voluto incontrare Bicher, ma il suo avvocato non me l’ha concesso. Così la storia del lupo dev’essere ricostruita attraverso delle vecchie interviste, i profili sui social network e i documenti dell’inchiesta. Tutto è cominciato otto anni fa nella stazione degli autobus di New York, ad appena due strade dal suo futuro appartamento di lusso. Quel giorno Bicher è sceso da un mezzo della compagnia Greyhound in arrivo dalla Pennsylvania, dov’era cresciuto in una famiglia adottiva mennonita, una comunità religiosa che ha tra i suoi valori principali la disciplina. ­Bicher voleva lasciarsi quel mondo alle spalle. Sognava una carriera da magnate immobiliare. Ma quando è arrivato a New York era lontano da quel sogno. Ha trovato un modesto appartamento a Inwood, la zona più a nord di Manhattan, separata dal Bronx solo dal fiume Harlem.

Per pagare l’affitto Bicher ha fatto una cosa che ancora oggi fanno molti newyorchesi: prima ha affittato una stanza, poi tutta la casa su Airbnb. Quando arrivavano i turisti, lui andava a dormire da amici. Nel giro di poco ha cominciato a guadagnare più di quanto spendeva per l’affitto. È in questo periodo che deve essergli venuta l’idea: e se invece di un solo appartamento ne subaffitto cento?

New York, con i suoi otto milioni di abitanti, è una delle città al mondo in cui è più difficile trovare una casa in affitto. In media quello per un bilocale a Manhattan è di circa quattromila dollari al mese. L’offerta è scarsa. A settembre nei tre quartieri più grandi (Manhattan, Brooklyn e Queens) c’erano 10.780 appartamenti in affitto, secondo la stima dell’immobiliarista Douglas Elliman. Stando ai dati del centro di analisi AirDNA, sempre a settembre le case disponibili su Airbnb erano il doppio, 20.536. Una manna dal cielo per i turisti, che così risparmiano rispetto all’albergo e in teoria vivono la New York più autentica.

Dietro le quinte

Bicher ha pensato che era la sua grande occasione. Negli anni il giovane mennonita è diventato un piccolo re dell’immobiliare, con la differenza che, invece che comprarle, affittava le case per poi riaffittarle a prezzo maggiorato. Per non attirare l’attenzione dei proprietari, a un certo punto ha cominciato a chiedere agli amici di firmare i contratti al posto suo. Dietro le quinte controllava che gli appartamenti fossero in ordine e si occupava degli annunci. Secondo l’ufficio del procuratore distrettuale di New York, a febbraio 2019 gestiva almeno diciotto appartamenti che subaffittava su Airbnb e altre piattaforme. Lui ha raccontato che prima della pandemia ne controllava ventisette.

Secondo le autorità statunitensi gli appartamenti che Bicher affittava ai turisti, sottraendoli al regolare mercato immobiliare, rendevano ancora più difficile la ricerca di una casa a prezzi accessibili.

Alle domande su Bicher, la portavoce di Airbnb taglia corto: “Personaggi del genere non hanno posto nella nostra piattaforma”. E aggiunge che in tempi economicamente difficili, molti host – Airbnb chiama così i proprietari delle case – affittano i loro appartamenti per arrotondare. Il punto è che molti di loro non sono dilettanti, ma professionisti che lo fanno come lavoro. E Airbnb, che incassa una commissione per ogni prenotazione, ci guadagna. Con un utile di 1,2 miliardi di dollari, l’azienda ha appena festeggiato il miglior risultato trimestrale della sua storia.

Bicher sapeva come usare Airbnb per farsi notare. “Benvenuti al centro dell’universo”, ha scritto in un annuncio. “A New York nascono le star, s’impongono le mode, si guadagnano e si perdono milioni”. Presto anche Bicher avrebbe vissuto quel genere di vita, almeno stando a quello che pubblicava sui social network. Lo si vedeva a bordo di un jet privato, su una Ferrari o mentre faceva un safari in Sudafrica.

Quanti soldi guadagnasse davvero è poco chiaro. L’ufficio del procuratore di New York pensa che tra il luglio 2019 e l’aprile 2022, in un periodo in cui la pandemia ha quasi bloccato il turismo, abbia incassato circa 1,2 milioni di dollari. Forse prima erano molti di più. A essergli fatale è stata una nuova legge e un uomo che aveva già messo in prigione diversi boss della droga: Christian Klossner, capo dell’Office of special enforcement (Ose), un’autorità creata con l’obiettivo di combattere gli affitti brevi a New York che violano le norme. Le leggi della città sono inequivocabili: se non si gestisce un’attività alberghiera, affittare una casa per un periodo inferiore a trenta giorni è vietato, a meno che l’inquilino o il proprietario non si trovi nell’appartamento nel periodo in cui è subaffittata. Inoltre in ogni appartamento possono essere ospitati al massimo due subaffittuari di nuclei familiari diversi.

In realtà Klossner è rimasto a lungo impotente. Per anni Airbnb e altre aziende si sono rifiutate di concedere alle autorità l’accesso ai loro dati. Un muro digitale proteggeva i professionisti degli affitti come Konrad Bicher. Nel 2020 però è entrata in vigore una modifica del regolamento: da allora a New York i siti come Airbnb sono obbligati a condividere i dati con le autorità, ma allo stesso tempo sono protetti da una legge federale che scagiona le piattaforme online dalla responsabilità per i contenuti condivisi dai loro utenti. La modifica è stata pensata per incoraggiare le aziende a rimuovere chi infrange la legge senza doversi preoccupare delle possibili conseguenze. Ma, sfortunatamente, dice Klossner, succede il contrario: “Le piattaforme la usano per scrollarsi di dosso la responsabilità degli illeciti commessi dagli host”. Il 7 novembre anche la Commissione europea ha annunciato l’introduzione dell’obbligo di registrazione per gli host in tutta Europa.

In ogni caso, ora chi indaga a New York può semplicemente seguire i soldi. Non importa con quale pseudonimo si affitti l’alloggio: alla fine il denaro arriverà su un conto in banca.

Bicher a un certo punto si è fregato con le sue mani: durante la pandemia non riusciva più a pagare gli affitti degli appartamenti, così i proprietari delle case l’hanno denunciato. E si è scoperto anche che aveva falsificato dei documenti per ottenere un prestito di 565mila dollari grazie al pacchetto di aiuti statali per la pandemia.

La fama del “lupo di Airbnb”ormai ha le ore contate. Qualche giorno fa ho chiesto di lui nell’atrio del lussuoso grattacielo sulla 42ª strada. “Non ho idea di chi sia”, ha risposto l’addetto alla reception dietro il bancone di legno. ◆ nv

Biografia

1991 Nasce ad Austin, in Texas, negli Stati Uniti. Abbandonato dai genitori, è adottato da una famiglia mennonita a Lancaster, in Pennsylvania.
2012 Si trasferisce a New York.
2013 Comincia ad affittare illegalmente appartamenti su Airbnb e altre piattaforme attraverso un’azienda da lui creata, la Nomad Enterprise.
Ottobre 2022 Il procuratore distrettuale di New York lo accusa di truffa. Rischia fino a quarant’anni di carcere.


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Questo articolo è uscito sul numero 1489 di Internazionale, a pagina 76. Compra questo numero | Abbonati