L’aspetto più significativo del nuovo governo che si è insediato il 27 giugno non è il gran numero di persone di cui è composto (64 tra ministri e vice) o il riciclaggio di facce già note. Se si guarda più attentamente a chi ne fa parte, è chiaro che stavolta le cose sono completamente diverse. Il primo ministro Kyriakos Mitsotakis è noto per essere uno che non si ferma davanti a niente e uno sfegatato sostenitore del libero mercato, ma nei suoi primi quattro anni al governo, a causa dei rapporti di forza e della pandemia di covid-19, era riuscito a realizzare solo una piccola parte dei suoi piani. Ora, con l’opposizione di sinistra allo sbando e senza alcun ostacolo in parlamento, sembra sentirsi assolutamente libero di mettere in pratica per intero il suo programma neoliberista.

La composizione del governo riflette chiaramente le sue intenzioni. Per prima cosa, il nuovo esecutivo è sotto il suo assoluto controllo. Ha rafforzato il suo staff con tre ministri di stato. Ha creato un superministero delle finanze, che gestirà tutti i soldi, e lo ha affidato al fedelissimo Kostis Hatzidakis. Come ministro del lavoro ha scelto Adonis Georgiadis, un ultraconservatore che si è distinto per il suo “amore” nei confronti dei lavoratori. Il ministero della salute è stato assegnato all’ex ministro dell’ordine pubblico Michalis Chrisochoidis, il regista della repressione nel precedente governo, dato che sono attese forti proteste contro i previsti tagli alla sanità, l’accorpamento degli ospedali e la privatizzazione dei servizi. Infine, il ministero degli esteri è andato a un tecnico non legato ai partiti, segno che probabilmente si profila una soluzione nel quadro della Nato per le tensioni tra Grecia e Turchia.

In sostanza, il nuovo governo non lascerà niente com’è. E dopo la dolorosa sconfitta della sinistra l’opposizione appare tutta da ricostruire. Questa è l’amara verità. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1518 di Internazionale, a pagina 25. Compra questo numero | Abbonati