In Women’s bodies as battlefields (I corpi delle donne come campi di battaglia) la fotografa Cinzia Canneri ha documentato la condizione delle donne eritree ed etiopi della zona del Tigrai. Dal 2017 al 2019 Canneri ha raccontato le storie di chi è scappata dall’Eritrea, uno dei paesi più poveri al mondo, e ha provato a raggiungere l’Etiopia in cerca di un futuro migliore. Poi, dopo che il 4 novembre 2020 l’esercito federale etiope ha invaso la regione settentrionale del Tigrai con il sostegno dell’esercito eritreo e delle forze della regione Amhara, alleate del governo federale, il progetto si è allargato alle donne tigrine e al loro viaggio verso la capitale Addis Abeba o i campi profughi del Sudan.

Gli investigatori delle Nazioni Unite ritengono che i soldati eritrei, alleati dell’esercito etiope, avrebbero violentato e ridotto in schiavitù sia le donne eritree sia le tigrine. “Le eritree sono state punite per aver lasciato il loro paese, le etiopi sono state colpite in un’operazione di ‘pulizia etnica’”, ha detto Canneri. Fino al 2022 la fotografa ha continuato a seguire le storie di alcune di loro. Sono donne che portano ancora i segni delle violenze fisiche e mentali, subite nel corso del viaggio. “I loro corpi erano come campi di battaglia, in cui non esistevano più schieramenti”.

Secondo le autorità sanitarie regionali durante il conflitto nel Tigrai, che si è concluso a novembre del 2022, sarebbero state stuprate 120mila donne. In un rapporto uscito il 5 settembre 2023 Amnesty international ha dichiarato che, malgrado la fine delle ostilità, le violazioni dei diritti umani continuano. Il governo etiope si è impegnato a fare giustizia per i crimini commessi durante il conflitto, ma alcuni osservatori esterni temono che manchi la volontà politica di processare i responsabili. “Dopo due anni di conflitto nel Tigrai ora è in corso una tregua, ma siamo ancora lontani dal poter vedere dei risultati. Speriamo che i corpi violati di queste donne possano prima o poi essere tutelati”, dice Canneri. ◆

Ngrzi, 32 anni, è stata ferita durante la guerra nel Tigrai e ha tentato il suicidio. Addis Abeba, Etiopia, dicembre 2022
Un centro ad Al Fashaga, in Sudan, per donne e bambini fuggiti da Etiopia ed Eritrea
Un gruppo di donne attraversa illegalmente il fiume Tekezé per provare a raggiungere il Sudan. Eritrei ed etiopi si affidano a contrabbandieri e trafficanti di esseri umani per superare il confine. Humera, Etiopia, aprile 2019.
Donne tigrine ed eritree pregano per i loro figli morti o scomparsi. Addis Abeba, dicembre 2022.
Hellen, 22 anni, è stata ferita da un proiettile in Eritrea. La polizia di frontiera l’ha fermata tre volte mentre cercava di scappare dal paese. Spesso i poliziotti colpiscono le donne alla pancia per impedirgli di avere figli. Axum, Etiopia, aprile 2019.
Rita, quarant’anni, con il figlio di tredici anni ad Addis Abeba, Etiopia, 2017. Rita guarda la foto del luogo in cui è stata sepolta sua figlia in Eritrea. Spesso le donne restano vicino ai paesi da cui scappano per non allontanarsi dalle loro famiglie o dai parenti morti. “Andare via da qui significherebbe perdere mia figlia per la seconda volta”, ha detto Rita.
Minori non accompagnate nel campo profughi di Um Rakuba, in Sudan, 4 giugno 2021
Lungo la strada da Asmara a Massaua, Eritrea, 2019

Cinzia Canneri è una fotografa italiana nata a Piombino, in provincia di Livorno, nel 1970. Con il lavoro Women’s bodies as battlefields nel 2022 ha vinto il primo premio della categoria reportage del concorso Pictures of the year international e nel 2023 ha ricevuto il Camille Lepage, assegnato ogni anno per sostenere il lavoro di un fotoreporter impegnato in un progetto a lungo termine. Il premio è stato consegnato al festival di fotogiornalismo Visa pour l’image di Perpignan, in Francia, che si concluderà il 17 settembre.

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Questo articolo è uscito sul numero 1528 di Internazionale, a pagina 60. Compra questo numero | Abbonati