Recensendo il primo volume di La parte meravigliosa, scrivevo che era “dai tempi di Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977) di Steven Spielberg che non si vedeva una rappresentazione così astratta e spirituale degli extraterrestri e, in estensione, dell’‘altro’”. E che suoni e musica, essendo qui fumetto e non cinema, erano sostituiti “da forme grafiche luminescenti che sembrano sculture o pitture astratte”. Come sempre senza la classica divisione tra sceneggiatore e disegnatore, ma lavorando entrambi sui due segmenti, i francesi Florent Ruppert e Jerôme Mulot, noti per le loro graphic novel un po’ da teatro surreale, ci riportano tra gli ttut, bellissimi e silenziosi esseri “comparsi dal nulla”. Coconino in questi anni ha dimostrato coraggio e lungimiranza nella qualità delle edizioni, ed è quindi un peccato che non abbia mantenuto dell’edizione originale il formato più grande e soprattutto la carta patinata, che sublima la psichedelia dei colori, davvero importante per questo inclassificabile trip da anni settanta. Le entità messe in scena sono prossime sia all’astrazione sia alle installazioni, grazie al magistrale senso dello spazio e al segno grafico degli autori, delicato e aereo. Qui, l’uno o l’una viaggia nell’altro o altra, e tutti sono “l’altro”: l’empatia è inscindibile dall’interpenetrazione e questi indefinibili fenomeni aerei sono insieme pura poesia e pura violenza. Due unità inseparabili. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1528 di Internazionale, a pagina 77. Compra questo numero | Abbonati