Con Silent night, John Woo torna a firmare un action movie negli Stati Uniti dopo Paycheck (2003) e sembra più che mai ansioso di recuperare il tempo perduto. Nei primi minuti vediamo un uomo, Brian, inseguire una gang messicana al rallentatore mentre un palloncino rosso sorvola l’azione, sospinto dalla musica di un carillon. Anche senza colombe che volano non è difficile capire che dietro la macchina da presa c’è il leggendario regista di Hong Kong. Per il resto l’unico pregio del film è di sembrare tanto anonimo quanto strano. Alla fine dell’inseguimento, Brian è ferito alla gola, sopravviverà, ma non potrà più parlare. Ecco un altro aspetto interessante: togliendo i dialoghi da un revenge movie tipo Taken, in cui un bianco stermina metà della popolazione ispanica del suo quartiere solo per arrivare al capo della gang che ha ucciso suo figlio, non si perde niente. I dialoghi non potrebbero aggiungere molto. Ma forse c’entra anche il fatto che Brian non ha praticamente niente da dire.
David Ehrlich, IndieWire

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Questo articolo è uscito sul numero 1540 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati