Il 30 novembre la capitale della Guinea-Bissau è stata scossa da una serie di violenze scoppiate quando alcuni agenti della guardia nazionale hanno cercato di liberare il ministro dell’economia Suleiman Seidi e il segretario di stato al tesoro António Monteiro, che in quel momento erano sottoposti a un interrogatorio di polizia riguardo a un prelievo sospetto di 9,2 milioni di euro dalle casse dello stato. A quel punto è intervenuta la guardia presidenziale, che si è scontrata con i militari ribelli. I morti sono stati almeno due. Il presidente Umaro Sissoco Embaló al momento dei fatti si trovava a Dubai per la Cop28, ma ha presto annunciato che la situazione era tornata sotto controllo e che considerava gli scontri un “tentativo di colpo di stato”. Il 4 dicembre Embaló ha sciolto il parlamento, dominato dall’opposizione. Secondo El País, dietro questo scontro militare c’è una “feroce lotta per il potere, che va avanti da quattro anni, tra lo storico Partito africano per l’indipendenza della Guinea e di Capo Verde (Paigc) e il presidente Embaló”. Seidi e Monteiro sono esponenti del Paigc e l’ordine di indagare su di loro è arrivato dalla procura generale dello stato, che risponde al presidente. “Come la classe politica, anche le forze armate sono divise. Il 31 gennaio 2022 il paese aveva già vissuto una situazione simile, con l’irruzione di alcuni soldati nel palazzo presidenziale. In quell’occasione erano morti sei soldati”.

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Questo articolo è uscito sul numero 1541 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati