In Enea prima che qualcuno chieda al giovane protagonista, bello e splendidamente vestito, cosa faccia per campare passano circa venti minuti, durante i quali è probabile che anche il pubblico si sia fatto la stessa domanda. In realtà ci viene detto quasi subito che Enea, rampollo di una ricca famiglia romana, gestisce un lussuoso ristorante di sushi. Ma cosa fa davvero è una domanda a cui è difficile rispondere in questo ritratto del privilegio e della noia nell’alta borghesia italiana abilmente composto ma un po’ estenuante. L’esordio di Castellitto, I predatori, era una commedia dark che esaminava la disparità sociale nella capitale italiana. Enea ne trae in parte spunto. Per il resto è un po’ a corto d’idee. L’autore ha descritto il suo film come “una storia di genere senza genere”. Concetto che rispecchia il distacco del protagonista da tutte le sfaccettature e le possibilità che gli offre la sua vita favolosamente traballante. Guy Lodge, Variety

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Questo articolo è uscito sul numero 1545 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati