Statue viventi è un piccolo libro illustrato comparso sette anni dopo la morte del suo autore. Günter Grass andò a Naumburg alla fine degli anni ottanta “mentre il muro era ancora in piedi”. Il premio Nobel scrive di questo viaggio in un racconto inedito che è una scoperta letteraria importante. Nella città di Naumburg Grass viene colpito, nel coro della cattedrale gotica della città, dalla scultura di Uta che “sta dove è sempre stata”, accanto al marito Ekkehard, “e tiene il viso in parte nascosto dal collo del mantello tenuto sollevato a destra”. I turisti nella cattedrale sussurrano e in città c’è un forte odore di brace e Ute, la moglie di Grass, assaggia
l’Ostwurst in un chiosco in piazza. Il titolo Statue viventi si riferisce a una giovane artista di strada che l’autore nota dopo davanti alla cattedrale: se ne sta lì immobile truccata e in costume, ed è identica alla statua di Uta. Monetine e banconote piovono in un piatto di latta accanto a lei. Lo scrittore rimane lì a osservarla senza avere il coraggio di parlarle. La scultura antica di secoli sembra essere viva, in carne e ossa. In questo breve testo, cominciato nel 2003 nell’isola danese di Mön e in parte dattiloscritto su una macchina da scrivere portatile, Günter Grass si limita a osservare tenendo insieme quelle arti in cui eccelle: la scultura di piccole figure in terracotta, il disegno a matita e a carboncino e la scrittura che lo aiuta a giustapporre storie di secoli lontani.
Cornelia Geißler, Berliner Zeitung

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Questo articolo è uscito sul numero 1546 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati