Barbara Kingsolver (David Levenson, Getty)

Allo stesso tempo esilarante e straziante, questa è la storia di un ragazzo terribile che nessuno vuole, ma che i lettori adoreranno. Damon è l’unico figlio di un’adolescente alcolizzata nel sudovest della Virginia. Si rende conto presto della sua condizione, più o meno nello stesso periodo in cui ottiene il soprannome di Demon. “Ero un delinquente”, dice, “nato in una casa mobile, quindi un capo scout dei poveracci che vivono nelle roulotte”. Più afferra le connotazioni di parole come “bifolco” e “redneck”, più si scoraggia. “Questo è quello che direi, se potessi, a tutti gli intelligentoni del mondo con le loro stupide battute sui poveracci… sentiamo tutto quello che dite”. E ora noi sentiamo lui. “Arrivi al punto che non te ne frega niente delle persone convinte che tu non valga nulla”, dice. “Soprattutto perché ci sei già arrivato da solo”. Demon ha ragione riguardo alla derisione paternalistica dell’America, ma ha torto riguardo al proprio valore. In un’impresa di alchimia letteraria, Kingsolver usa il fuoco dello spirito di quel ragazzo per illuminare – e bruciacchiare – i recessi più oscuri del nostro paese. L’americanità di Demon Copperhead sembra particolarmente ironica dato che Kingsolver si è ispirata proprio a uno dei classici inglesi più celebri: David Copperfield di Charles Dickens. In effetti, chiunque abbia familiarità con il romanzo più autobiografico di Dickens ne sentirà l’eco in diversi personaggi e avvenimenti. E in un passaggio da meta-romanzo, Kingsolver strizza l’occhio al pubblico quando Demon elogia un autore che ha scoperto a scuola. Charles Dickens, dice, è “un vecchio, pure morto e straniero, ma Cristo Gesù se si è fatto l’idea di come bambini e orfani vengono fregati e a nessuno frega un cazzo. Penseresti che fosse proprio di queste parti”. Gran parte della riuscita di questo romanzo (premio Pulitzer 2023) deriva dal modo in cui l’esperienza di Demon s’interseca con l’epidemia della dipendenza da oppioidi negli Stati Uniti. Demon cresce negli anni in cui usciva una pillola “miracolosa”, l’OxyContin, e Kingsolver racconta come una cospirazione del capitalismo e della criminalità abbia sfruttato il dolore degli statunitensi più poveri per creare un’industria redditizia e mortale. Ron Charles, The Washington Post

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Questo articolo è uscito sul numero 1547 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati