Ormai sono più di dieci anni che William Doyle, cantautore originario di Bournemouth, pubblica musica. E dopo aver messo da parte lo pseudonimo East India Youth si è ritagliato uno angolino tutto suo, con un art pop pastorale e filosofico. Questa evoluzione è culminata nei suoi due album Your wilderness revisited, del 2019, e Great spans of muddy time, del 2021, splendidi e inquieti. Il nuovo lavoro, intitolato Springs eternal, è un oggetto un po’ più strano: la qualità non varia da canzone a canzone, come succede di solito, ma all’interno della canzone stessa. Prendiamo il singolo Now in motion. È un brano ben eseguito in cui il musicista britannico dimostra ancora una volta il suo talento melodico, però qui la sua vocalità delicata non funziona. Salvo che poi, negli ultimi trenta secondi, in cui esplode in un’impennata alla Hot Chip, tutto s’incastra alla perfezione. Il disco brilla invece nelle parti strumentali: A long life è uno dei pezzi migliori per il suo ininterrotto esercizio di sintetizzatori e trame glitch, mentre Garden of the morning si addice meglio alla voce di Doyle rispetto ai pezzi più movimentati. Sembra che l’artista abbia voluto correre dei rischi, che però non l’hanno ripagato abbastanza da creare un grande album come gli era successo in passato.
Joe Creely, The Skinny

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Questo articolo è uscito sul numero 1551 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati