È interessante osservare i primi lavori di César Franck (1822-1890) e valutarne il percorso. La sua sonata per pianoforte, composta quando aveva tredici anni, è un’incantevole curiosità. È decisamente sbilanciata, con un lungo primo movimento seguìto da due brevi, ma il larghetto iniziale sembra un preludio d’opera, un po’ come quello della Lucia di Lammermoor, e ci ricorda quanto all’epoca il piano e il palcoscenico fossero vicini. Nel Grand caprice (1843) Franck si accosta all’esecuzione trascendentale sulle orme di Franz Li­szt, e Ingmar Lazar dà prova di uno stile impeccabile, tecnicamente sicurissimo ma sempre sobrio. Nei due grandi trittici, che sono tra i massimi risultati dell’opera di Franck, il giovane pianista francese riesce a controllare le grandi forme e costruire architetture solide, dimostrando al tempo stesso fantasia e immaginazione, cosa che gli permette di evitare un tono accademico o un eccesso di rigore. Questo è un disco importante, e segna un nuovo punto alto nella carriera di Lazar.
Jacques Bonnaure, Classica

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Questo articolo è uscito sul numero 1555 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati