Michael Shiloh studiava la tubercolosi da una ventina d’anni quando ha cominciato a porsi una domanda apparentemente ovvia: cosa fa tossire le persone affette da tubercolosi? La tosse è il sintomo caratteristico della malattia e uno dei principali modi di trasmissione, ma nonostante la sua specializzazione in infettivologia e i molti anni di ricerche su questo agente patogeno, Shiloh si è reso conto di non sapere la risposta. Consultando la letteratura ha dedotto che il tema “essenzialmente non era mai stato studiato, almeno non a livello molecolare”.

Per chiarire il ruolo della tosse nella malattia bisogna prima comprendere il suo ruolo nella salute. “La tosse è uno degli importantissimi processi difensivi di cui disponiamo per ripulire il sistema respiratorio”, dice Stuart Mazzone, neuroscienziato dell’università di Melbourne, in Australia. Ma contribuisce anche a diffondere le malattie, come hanno mostrato le ricerche di Shiloh e di altri. E un controllo difettoso della tosse, che porta a tossire troppo o troppo poco, può provocare gravi problemi di salute.

Non è ancora chiaro se ci aiuti a combattere un’infezione e se assumere farmaci per sedarla possa ritardare la guarigione

Riflesso automatico

Un mattino la ricercatrice Karen Hegland ha praticamente inalato la sua colazione. “Ho aspirato il caffè, poi ho tossito come una matta, ma sono riuscita a liberarmi i polmoni”, racconta Hegland, che studia la tosse e la deglutizione all’università della Florida. Un’esperienza comune come la tosse è un potente promemoria dell’importanza di questo riflesso. Si è attivato senza che lei ci pensasse, prevenendo una possibile infiammazione delle vie aeree e l’infezione che può derivare quando cibo o bevande ci vanno di traverso.

Il riflesso della tosse può anche essere innescato da una serie di sostanze chimiche, come quelle contenute nel fumo di una sigaretta o di un incendio, nonché da gas tossici e dai succhi gastrici che a volte possono risalire nel tratto respiratorio in caso di reflusso. Con la tosse “le vie aeree, così importanti per noi, si proteggono dai danni associati all’aspirazione del contenuto gastrico o di sostanze nocive”, spiega Shiloh.

A innescare il riflesso sono i recettori presenti su uno dei vari tipi di neuroni che serpeggiano lungo il rivestimento del tratto respiratorio. Alcuni neuroni rilevano gli stimoli chimici e altri sono meccanocettori, cioè rilevano la pressione di qualcosa come un pezzetto di cibo, un qualsiasi oggetto estraneo o un liquido come il caffè di Hegland.

Quando vengono attivati, i neuroni inviano segnali alla base del cervello – il tronco encefalico – per far scattare la tosse, che riorganizza la normale attività respiratoria in tre fasi rapide e coordinate. Prima provoca una forte inspirazione. Poi la chiusura dello spazio tra le corde vocali, chiamato glottide, e la contrazione dei muscoli addominali e della gabbia toracica per aumentare la pressione nel petto. Infine innesca l’apertura della glottide per rilasciare un’improvvisa scarica di aria compressa.

Oltre a questa attività di riflesso tra i neuroni delle vie aeree e il tronco encefalico, altri processi cerebrali di ordine superiore aggiungono ulteriore complessità al controllo della tosse. Per esempio, ci permettono di tossire di proposito o di accorgerci del bisogno di tossire e di sopprimerlo almeno temporaneamente, evitando un’esplosione inopportuna durante una scena importante quando siamo al cinema.

Durante un’infezione respiratoria la tosse aiuta a eliminare il muco e altre secrezioni che possono prolungare l’infezione e aumentare la probabilità di danni alle vie aeree. “In queste circostanze la tosse ha una funzione protettiva”, dice Anne Chang, una pneumologa pediatrica della Queensland university of technology di Brisbane, in Australia.

Ma a parte la rimozione fisica delle secrezioni respiratorie non è ancora chiaro se la tosse ci aiuti a combattere un’infezione, e se i farmaci per sedarla possano ritardare la guarigione. Non è stato ancora ben studiato, dice Shiloh. Di certo sopprimere la tosse potrebbe bloccare la trasmissione dell’infezione alle persone intorno a noi e anche aiutarci a dormire, dice. Ma “forse può far sì che il materiale infettivo e infiammatorio resti nei polmoni e creare un terreno fertile per altri organismi nocivi”, aggiunge. “Non lo sappiamo”.

L’opportunità di assumere o meno farmaci sedativi dipende probabilmente dal tipo di tosse, che può essere grassa o secca. “Bloccare una tosse grassa probabilmente non è una buona idea”, afferma Mazzone. Ma “una tosse secca e stizzosa non serve allo scopo di ripulire le vie aeree dagli agenti patogeni”. Sopprimere questo tipo di tosse non dovrebbe provocare danni, dice. A causa del rischio di gravi effetti collaterali, i sedativi della tosse e altri farmaci per il raffreddore sono però sconsigliati per i bambini sotto i quattro anni.

Quando Shiloh ha cominciato a riflettere sulla causa principale della tosse che accompagna un’infezione da tubercolosi, si è chiesto se il batterio che la provoca, il Mycobacterium tuberculosis, potesse produrre molecole capaci di attivare i neuroni sensoriali della tosse. Insieme ai suoi collaboratori si è messo a cercare possibili candidati.

Così hanno individuato una molecola chiamata solfolipide-1, che si trova nella membrana esterna e nella parete cellulare del batterio. Quando hanno fatto inalare il solfolipide-1 a delle cavie sane, gli animali hanno tossito. Ma quando sono stati infettati da un ceppo di M. tuberculosis privo di solfolipide-1 non hanno tossito quasi per niente, ha scritto il team in un articolo pubblicato su Cell nel 2020.

La produzione di solfolipide-1 può essere una strategia del M. tuberculosis per favorire la sua trasmissione a nuovi ospiti tramite la diffusione aerea, dice Shiloh. Per approfondire questo aspetto, lui e i suoi colleghi stanno testando la facilità con cui i ceppi di M. tuberculosis con e senza solfolipide-1 sono trasmessi dalle cavie infette a quelle sane. La comprensione di questi percorsi potrebbe aprire la strada allo sviluppo di farmaci mirati capaci di prevenire la diffusione della tubercolosi.

La tosse è un sintomo di molte altre infezioni batteriche e virali contagiose e il modo in cui queste possono stimolarla direttamente o indirettamente probabilmente varia, dice Shiloh. Altri micobatteri, che possono provocare una tosse cronica in persone affette da malattie come l’hiv o la fibrosi cistica, non producono solfolipide-1, quindi Shiloh vuole scoprire se questi batteri producono altre molecole che scatenano la tosse. Gli studi sulla Bordetella pertussis, che causa la pertosse, hanno cominciato a rivelare un complesso meccanismo in cui sono coinvolte diverse molecole, ma per molti altri patogeni batterici i percorsi rimangono ancora poco chiari.

Rispetto ai batteri, i virus hanno un genoma molto ridotto, quindi è meno probabile che abbiano la capacità di produrre molecole specifiche per provocare la tosse e probabilmente usano altre strategie, sostiene Shiloh. Negli animali e negli esperimenti in vitro con colture cellulari diversi virus respiratori hanno dimostrato di poter aumentare la produzione dei recettori che attivano il riflesso della tosse e favorisce la sensibilità degli animali infetti ai suoi stimoli.

La tosse non è sempre innescata direttamente da invasori esterni. Le cellule immunitarie del corpo rispondono alle infezioni respiratorie, siano esse virali, batteriche o fungine, secernendo molecole infiammatorie come le citochine, le prostaglandine e i leucotrieni, che possono provocare la tosse modificando i recettori dei neuroni sensoriali delle vie aeree, spiega Shiloh.

Corpi estranei

Anche quando le infezioni virali sono state eliminate dalle vie aeree, la tosse a volte può persistere per settimane o addirittura mesi dopo che gli altri sintomi sono scomparsi. Probabilmente in parte a causa di un’infiammazione residua del sistema respiratorio, dice Mazzone.

Ma dagli studi sugli animali continuano a emergere prove che le infezioni virali, in particolare quando sono più serie, possono causare un’infiammazione non solo nei polmoni ma anche nel lungo nervo vago che corre tra gli organi vitali e il cervello, composto da fasci di fibre nervose che regolano molte funzioni basilari, incluso il riflesso della tosse. “Si pensa che sia uno dei motivi per cui alcune persone hanno questa ipersensibilità neurale persistente che dura molto più a lungo dell’infezione virale stessa: quei nervi restano infiammati, e ci vuole tempo perché guariscano”, dice Mazzone.

Spesso questo determina un aumento della sensibilità, così che anche il minimo stimolo – uno spruzzo di profumo, una piccola quantità di polvere o di fumo, perfino parlare o ridere – può scatenare la tosse.

Anche un riflesso insufficiente può essere problematico. Nei bambini piccoli il riflesso non è ancora pienamente sviluppato e questo, insieme alla loro propensione a infilare in bocca piccoli oggetti, li mette a maggior rischio di soffocamento e di aspirare cose nei polmoni, dice la pneumologa pediatrica Chang.

Nei polmoni dei bambini a volte i corpi estranei possono rimanere inosservati per anni, causando ostruzione, infiammazione e tosse cronica. Chang ha rimosso noci, perline e pezzi di nastro adesivo dalle vie respiratorie dei bambini. Una volta ha estratto una conchiglia che era rimasta bloccata nei polmoni di un adolescente per 14 anni, causando una misteriosa tosse e danni alle vie respiratorie. Per questo è importante non ignorare la tosse cronica, in particolare nei bambini.

Negli anziani il riflesso della tosse può indebolirsi, in particolare in quelli che soffrono di malattie neurologiche come il parkinson. “Tendono ad avere una percezione smorzata del bisogno di tossire e a produrre un flusso d’aria scoordinato e debole”, spiega Hegland. Un riflesso della tosse difettoso può contribuire allo sviluppo della polmonite da aspirazione, che è la principale causa di morte nelle persone malate di parkinson.

Respirare peperoncino

Finora la terapia per ristabilire il riflesso della tosse si è concentrata sul rafforzamento dei muscoli che si contraggono per aumentare la pressione dell’aria e produrre l’espirazione forzata, e in una certa misura questo allenamento si è dimostrato utile. Ma Heg­land e la sua collaboratrice Michelle Troche hanno anche sviluppato e testato una terapia basata sulla percezione e sulla risposta dei pazienti a uno stimolo, con l’obiettivo di migliorare il riflesso stesso.

In un recente studio alcuni pazienti affetti da parkinson hanno usato l’allenamento muscolare espiratorio mentre altri hanno sperimentato la nuova terapia sensomotoria. Questi ultimi hanno respirato attraverso una maschera piccole quantità di capsaicina, la sostanza chimica che rende piccanti i peperoncini. La capsaicina stimola i neuroni sensoriali della tosse e, alle basse dosi usate nello studio, provoca il solletico nella parte posteriore della gola.

Dopo aver sentito quel solletico, ai partecipanti è stato chiesto di produrre una tosse abbastanza forte da raggiungere un certo livello di flusso d’aria, monitorato al computer. La terapia ha permesso ai pazienti di esercitarsi a registrare i segnali sensoriali provenienti dai neuroni del tratto respiratorio e a rispondere in modo appropriato.

In uno studio pubblicato nel 2022 sulla rivista Movement Disorders, Hegland, Troche e altri coautori hanno riferito che entrambi i tipi di allenamento hanno migliorato le capacità di tossire nei pazienti affetti da parkinson, ma che l’allenamento sensomotorio ha provocato una maggiore necessità di tossire in risposta allo stimolo della capsaicina e un riflesso della tosse più forte. Hegland spera che la terapia possa aiutare le persone con il parkinson a mantenere libere le loro vie respiratorie e a trovare la reazione giusta, tossendo né troppo né troppo poco. ◆ bt

Da sapere
Particelle e aerosol

◆ La tosse è uno dei principali vettori di trasmissione di molte malattie respiratorie, come il raffreddore, l’influenza e il covid-19. Un colpo di tosse può diffondere nell’aria fino a due millilitri di fluidi carichi di patogeni. Le particelle più grandi tendono a cadere al suolo a breve distanza, ma secondo uno studio del Massachussetts institute of technology quelle più fini possono percorrere fino a cinque metri e gli aerosol possono restare sospesi nell’aria per molto tempo, soprattutto negli spazi chiusi. L’uso delle mascherine può ridurre significativamente la dispersione delle particelle, ma non può eliminare il rischio di contagio attraverso l’inalazione di aerosol. La tosse può persistere per diversi giorni dopo il superamento dell’infezione a causa dell’infiammazione delle vie respiratorie, ma normalmente dopo la scomparsa degli altri sintomi non è più contagiosa. The New York Times


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Questo articolo è uscito sul numero 1538 di Internazionale, a pagina 66. Compra questo numero | Abbonati