Il 3 dicembre, per la prima volta da quando è diventata una democrazia, nel 1987, la Corea del Sud è stata posta sotto la legge marziale. Il presidente Yoon Suk-yeol ha sospeso le libertà civili dichiarando che era necessario per neutralizzare “le forze avverse allo stato e vicine alla Corea del Nord”, seguendo il consiglio del ministro della difesa e suo intimo amico Kim Yong-hyun. Anche se i rapporti con Pyongyang sono molto tesi, non c’è nessun complotto per rovesciare il governo di Seoul e sostituirlo con un regime sottomesso a Kim Jong-un.
Yoon ha cercato di far arrestare i suoi avversari politici (compreso il leader del suo partito conservatore) e di fermare il processo legislativo attraverso un raid della polizia nell’assemblea nazionale. Il colpo di mano è fallito a causa dell’incompetenza, del rifiuto di alcuni esponenti del governo di accettare la legge marziale e della tempestiva mobilitazione dell’opposizione, che ha letteralmente scalato i muri del parlamento barricandosi all’interno, mentre l’esercito cercava di impedirglielo. Il 7 dicembre Yoon è sopravvissuto (a stento) a un voto per la sua destituzione, dopo che il Partito del potere del popolo – nonostante fosse finito anch’esso nel mirino del presidente e avesse invitato Yoon a dimettersi – ha deciso di lasciare l’aula, impedendo di raggiungere i due terzi dei voti necessari a far passare la mozione d’impeachment. L’opposizione ha promesso che ne proporrà una ogni settimana per rimuovere Yoon. Considerando che il presidente ha un indice di popolarità di appena il 13 per cento, le possibilità di successo sono piuttosto elevate. Il Ppp sembra determinato a insistere sulla richiesta di dimissioni e poco incline a forzare la destituzione.
Le azioni di Yoon hanno scatenato il caos nel governo sudcoreano, minandone la credibilità. Il paradosso è che la politica estera di Yoon era basata sulla retorica della difesa delle istituzioni liberali e dell’ordine basato sulle regole. L’attuale amministrazione è una delle più filoccidentali mai elette e allo stesso tempo i legami con il Giappone non sono mai stati così forti. Oggi la Corea del Sud si è allontanata dal desiderio di autonomia strategica che aveva guidato il predecessore di Yoon, presentandosi come forza avversaria dell’autoritarismo nella regione indo-pacifica. Fino a quando Yoon resterà al potere, la solidità morale della Corea del Sud rispetto alla Cina o alla Corea del Nord sarà compromessa.
C’è anche il pericolo che, se Pyongyang decidesse un’escalation del conflitto, Seoul non sarebbe capace di una risposta decisa. Sia perché alcune figure di spicco della difesa hanno sfidato l’imposizione della legge marziale, sia perché le forze statunitensi presenti nel paese sono state colte di sorpresa dall’ordine del presidente, rivelando una chiara incoerenza nella struttura di comando militare.
La situazione in Corea del Sud rafforzerà la posizione di chi negli Stati Uniti mette in discussione l’utilità dell’alleanza con Seoul, soprattutto all’interno della futura amministrazione Trump. La tempistica è particolarmente dannosa considerando l’accordo sulla difesa e la condivisione delle spese militari firmato di recente da Washington e Seoul, la minaccia di Trump d’imporre dazi contro la Cina ma anche contro gli alleati indisciplinati, e lo sviluppo nucleare della Corea del Nord. Il ruolo di Pyongyang nella guerra russa in Ucraina ha messo sotto pressione Seoul, ma è difficile immaginare che Yoon possa ottenere (anche all’interno del suo partito) il sostegno necessario per prendere le contromisure necessarie.
Assorbire gli urti
Con ogni probabilità le proteste organizzate nel giorno del primo voto per la destituzione di Yoon si ripeteranno nelle prossime settimane. È presumibile che si formerà un movimento equivalente alle fiaccolate del 2016-2017, organizzate contro la presidente Park Geun-hye (che alla fine è stata rimossa dall’incarico attraverso l’impeachment). Ironia della sorte, all’epoca Yoon Suk-yeol era il procuratore capo di Seoul e uno dei principali sostenitori della messa in stato d’accusa di Park.
Come le fiaccolate, il fiasco della legge marziale evidenzia la solidità della democrazia sudcoreana. Il tentativo di Yoon di minare le istituzioni democratiche è fallito quasi immediatamente. I sistemi democratici non sono mai immuni dall’autoritarismo, dal populismo e dall’abuso di potere, ma è importante complicare la vita a queste forze antidemocratiche impedendo che si affermino. Le istituzioni devono assorbire gli urti, piegarsi senza spezzarsi e auto-correggersi quando sono sottoposte a pressioni esterne. In questa occasione il sistema sudcoreano ha funzionato bene. Lo scandalo che aveva travolto Park Geun-hye e il disastro della legge marziale decretata da Yoon sono stati due banchi di prova estremamente difficili, ma tutto lascia pensare che la Corea del Sud uscirà da questa crisi più solida di prima.
L’azzardo di Yoon cambierà comunque la posizione di Seoul in politica estera. La sua presidenza, come ha dichiarato il leader del suo stesso partito, è ormai insostenibile e si concluderà con le dimissioni o la sua destituzione. Chi prenderà il suo posto, presumibilmente qualcuno del campo non conservatore, potrebbe scegliere un atteggiamento conciliante verso la Cina, rendere più problematici i rapporti con il Giappone, insistere meno sui diritti umani nelle relazioni con la Corea del Nord e smorzare la cooperazione con gli Stati Uniti. La partnership della Corea del Sud con l’Australia, il Giappone e altri attori regionali potrebbe perdere slancio. La democrazia sudcoreana sopravvivrà a Yoon, ma il danno al prestigio internazionale del paese e ai suoi rapporti strategici potrebbe rivelarsi più grave delle conseguenze politiche interne. ◆ gim
◆ Dopo che il 7 dicembre ha boicottato il voto sull’impeachment del presidente Yoon Suk-yeol, il Partito del potere del popolo (Ppp) ha annunciato che Yoon rimarrà in carica delegando però i suoi poteri al primo ministro e vicecapo del governo Han Duck-soo. La mossa è stata criticata dall’opposizione e ci sono dubbi sulla sua validità, anche perché Yoon rimane il capo del governo e delle forze armate. Il 9 dicembre il presidente ha ricevuto il divieto di lasciare il paese (è la prima volta per un presidente in carica) e l’11 la polizia ha perquisito il suo ufficio. La procura, infatti, sta indagando per capire se Yoon possa essere incriminato per insurrezione. Il giorno prima l’ex ministro della difesa Kim Yong-hyun è stato arrestato per il suo ruolo nel tentato golpe e in carcere ha tentato il suicidio. Secondo alcune fonti anonime all’interno dell’esercito, inoltre, Yoon avrebbe cercato di creare delle schermaglie con la Corea del Nord per giustificare la legge marziale. Il 14 dicembre l’opposizione presenterà una nuova mozione per la messa in stato d’accusa di Yoon. Yonhap
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Questo articolo è uscito sul numero 1593 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati