Il superbo dramma di Derek Tsang è una commovente e a tratti cruda denuncia del bullismo in un ambiente competitivo come può esserlo un liceo cinese. Chen Nian (Zhou Dongyu) è una giovane professoressa d’inglese che torna con il pensiero alla sua adolescenza, quando una sua compagna di scuola, oggetto dello scherno di altri studenti, si getta nel cortile della scuola. Un piccolo gesto di compassione di Chen Nian (che copre il corpo) la segna come prossimo obiettivo dei bulli. Non aiuta il fatto che, nonostante sia una studente modello, Chen Nian viene da una famiglia che combatte con la povertà. Delusa dall’inconcludenza delle autorità, per avere giustizia dell’amica morta, la ragazza si rivolge a un piccolo criminale. E qui il film compie una svolta inaspettata. Better days ha avuto molti problemi ad arrivare sul grande schermo. Ma proprio come la protagonista, i produttori non si sono persi d’animo e alla fine il film ha raggiunto ottimi risultati al botteghino. Jessica Kiang, Variety
Cina / Hong Kong 2019, 135’. In sala
Io sono nessuno parla di uomini che hanno sempre segretamente sperato di avere un buon motivo per scatenare la loro violenza. Sono uomini che vivono in tranquilli quartieri residenziali, con le loro famiglie, uomini che dovrebbero essere al di sopra di certe cose. Ma se “non hanno scelta”? Se è la loro famiglia a essere minacciata, come possiamo biasimarli? Hutch (Bob Odenkirk) opta per non reagire quando degli uomini armati fanno irruzione in casa sua. Vicini, parenti, amici gli dicono che ha fatto bene, sottointendendo però che se fosse capitato a loro… Tutti eroi nelle loro teste. In realtà Hutch è un killer professionista a riposo e presto sarà costretto a tornare in azione. Se la premessa vi ricorda un film con Keanu Reeves forse è perché lo sceneggiatore e il produttore sono gli stessi di John Wick. In più però qui abbiamo Bob Odenkirk e vederlo nel club degli eroi d’azione di mezza età è abbastanza divertente. Anche se il film non è esattamente originale. Alison Willmore, Vulture
Giappone 2021, 121’. In sala
I racconti brevi non sempre godono del rispetto che meritano. I cortometraggi – che l’industria cinematografica ha scelto di ritenere inutili anziché capire come sfruttarli – non godono di alcun rispetto. A meno che alcuni di loro non vengano impacchettati insieme in modo da sembrare un lungometraggio. Il seducente Wheel of fortune and fantasy di Ryūsuke Hamaguchi è un delizioso trittico di vignette autonome legate da una comune fascinazione per la memoria, le coincidenze e le verità profonde che delle bugie superficiali possono rivelare. Paradossalmente il film intero vale più della somma delle sue parti proprio per il modo in cui sono trattate le storie brevi, liberate da logiche pedanti: guardando il mondo da una lente così ristretta dei colpi di scena che in un lungometraggio potrebbero sembrare scorciatoie della sceneggiatura dimostrano immediatamente l’autorità che hanno i dati di fatto. David Ehrlich, IndieWire
Francia 2006, 99’. In sala
Per lanciare il terzo capitolo delle avventure dell’agente speciale 117 Hubert Bonisseur de la Bath, che arriverà a settembre, escono in sala i primi due film firmati da Michel Hazanavicius, prima dell’exploit di The artist. Fenomeno in libreria negli anni cinquanta e poi al cinema negli anni sessanta, l’agente 117 nella versione di Hazanavicius, in missione al Cairo alla vigilia della crisi di Suez, deve la sua riuscita alla distanza tra lo sguardo contemporaneo e la realtà della Francia del dopoguerra. Così il compiacimento dell’eroe ancorato all’inconscio collettivo del primo novecento – l’agente orgoglioso del suo sorriso smagliante, della sua virilità e delle sue origini ringrazia gli egiziani regalandogli un ritratto del presidente della repubblica René Coty – si trasforma in una propensione all’errore, alla gaffe e al disastro. Jean Dujardin è carismatico ma anche autoironico e divertente. Perfetto. Iabelle Regnier, Le Monde
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