C’è qualcosa di divertente nell’idea di un film sull’infinitezza che dura solo 76 minuti. Ma Roy Andersson – il rinnegato maestro svedese il cui puntinismo a diorami sulla condizione umana è messo insieme con lo stesso rigore con cui Seurat dipingeva i suoi paesaggi – non scherza, almeno non sempre. Nel suo repertorio di vignette cupamente comiche la banalità e l’epica vanno mano nella mano. Anche se il titolo può sembrare una freddura, in realtà si può interpretare in senso letterale, perché Sull’infinitezza – il film meno divertente e forse più delicato di Andersson – adotta le qualità della vita stessa: è corto e al tempo stesso infinito. Ogni sequenza finisce presto, ma avrebbe potuto andare avanti per sempre. Ci sono scene assurde, scene di perdita, scene di dolore e anche scene di gioia. In alcune sequenze vediamo personaggi storici sull’orlo della loro estrema sconfitta, in altre delle persone qualunque che guardano il panorama da una panchina. In ogni caso non ci sono dubbi che il film sia più della somma delle sue parti. David Ehrlich, IndieWire
Svezia / Germania / Norvegia 2019, 76’. In sala
Stati Uniti 2021, 148’. Netflix
Ocean’s eleven avrebbe potuto essere migliore se ci fossero stati gli zombi? Netflix ha deciso di sciogliere il dubbio di Zack Snyder e il risultato è Army of the dead, un ridondante ibrido tra heist movie e horror che sembra interminabile come un’estate a Las Vegas. Eppure il prologo – un’ispirata collisione di assurdità, eccessi, carneficina e back story – è realizzato in modo magistrale. Scopriamo come un’infezione ha trasformato le ballerine, i sosia di Elvis e una tigre in folli mangiatori di carne umana. In altre parole, Las Vegas continua a spolpare i turisti, ma nel senso letterale del termine. Un manipolo di sopravvissuti (guidati da un poco espressivo Dave Bautista) dovrà entrare nella città, isolata da una muraglia di container, per svaligiare il caveau di un casinò prima che la città sia rasa al suolo. Con un ritmo lento e dei personaggi poco memorabili, Army of the dead è un goffo (e stranamente ipnotico) esempio di splatter pop. __**Jeannette Catsoulis, The New York Times**
Stati Uniti 2021, 134’. In sala, Disney +
L’idea di reinventare una delle cattive più famose dell’universo Disney, Crudelia De Mon (che contribuì al successo della Carica dei 101 e a salvare gli studios dal fallimento) e renderla una specie di tributo a Vivienne Westwood, interpretata per di più da Emma Stone, fanno di Crudelia un progetto molto più interessante di quello simile condotto con Maleficent. Emma Stone, nei panni di un’orfana un po’ folle che vuole scalare le vette della moda nella Londra degli anni settanta, non tradisce. Come non tradisce Emma Thompson nei panni della Baronessa, una stilista in declino, famosa per le sue feste e la sua cattiveria. Buono anche il resto del cast. I costumi di Jenny Beavan poi sono devastanti (in senso buono). Dove Crudelia inciampa è nel ritmo, che avrebbe potuto essere più sostenuto. Dove frana è nella colonna sonora. Le canzoni usate in sé non hanno niente di male, ma stonano decisamente con l’estetica punk inseguita dal film. Lily Smith, Hollywoodgossip
Stati Uniti 2020, 102’. In sala
A ben guardare c’è sempre stato un po’ di ragazzina in Vince Vaughn che, nonostante sia alto più di un metro e novanta, è perfettamente capace di scoppiare in una risatina o di saltare sulla sedia come un’adolescente spaventata. In Freaky Vaughn interpreta un serial killer chiamato semplicemente Butcher nel cui corpo entra l’ansiosa liceale Millie, interpretata da Kathryn Newton. Anche Newton se la cava bene nei panni di una ragazzina posseduta da un killer psicopatico che prende di mira i bulli della scuola uno dopo l’altro. Freaky segna un nuovo capitolo nel genere del body-swap, mescolando i suoi cliché con i canoni dell’horror adolescenziale e dei più moderni film scolastici. Sara Stewart, New York Post
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