Cultura Suoni
Long lost
Lord Huron (Anthony Wilson)

Quando una band si chiama Lord Huron, è inevitabile pensare che farà una musica dalle pose regali. Per fortuna i Lord Huron non deludono questa premessa. Long lost fa venire in mente un’escursione cinematografica fatta di suggestioni celestiali e arrangiamenti ricchi. L’album ha istinti fantasiosi, strani a volte, in cui compaiono segmenti parlati che sembrano trasmessi a distanze lontanissime. Tuttavia le canzoni sono compiute, sostenute da arrangiamenti e melodie elaborati, inafferrabili e solidi allo stesso tempo. Il gruppo indie-folk di Los Angeles ci chiede di assorbire tutto senza interruzioni e Mine forever incoraggia in questa direzione. Per alcuni Long lost può sembrare pretenzioso, ma bisogna invece lasciarsi intrigare dalle rivelazioni di una composizione così generosa. La traccia di chiusura, Time’s blur, è un lungo momento psichedelico in stile Pink Floyd, che in fondo prova quanto i Lord Huron abbiano allestito un’opera epica ma pur sempre introspettiva. Un’esperienza emotiva che mantiene le promesse per la maggior parte del tempo.

Lee Zimmerman,
American Songwriter

Showtunes

Pochi gruppi riescono ad arrivare al quattordicesimo album, e ancora meno riescono ad arrivarci senza diventare delle parodie di loro stessi. È per questo che Showtunes, il quattordicesimo album dei Lambchop, è così notevole: un disco inquieto, denso, audace e genuinamente sperimentale che, pur suonando come il gruppo ha sempre suonato, reimpiega la loro personalità e intelligenza in modi assolutamente nuovi. In mani meno esperte un esperimento del genere sarebbe stato un caos: tra arrangiamenti dissonanti e influenze le più disparate che si sovrappongono disordinatamente. Fuku, al centro del disco, mescola batterie elettroniche borbottanti a microcampionamenti della voce del cantante, Kurt Wagner, in una sorta di valzer country che diventa lounge-jazz da cocktail con il sottofondo, bassissimo, del sibilo continuo di un synth. Tutto con il piglio sicuro di un artista della giustapposizione, con quella sicurezza investigativa che fa la differenza tra una tela di Jackson Pollock e i pasticci di un bambino con la pittura. Con una carriera trentennale alle spalle i Lambchop dimostrano, con questo trionfo di sperimentazione, che non hanno nessuna intenzione di giocare in difesa.
Sam Walton,
Loud and Quiet

Sour
Olivia Rodrigo (geffen/interscope)

Olivia Rodrigo

L’album di debutto della diciottenne statunitense Olivia Rodrigo, attrice e cantante, si apre con una sorpresa, quasi come se volesse scrollarsi di dosso il successo della ballata Drivers licence, pubblicata a gennaio e capace di battere diversi record su Spotify. Il brano di apertura di Sour è il pop punk urlante di Brutal, nel quale la ex star del programma Disney high school musical s’infuria per i suoi problemi sul lavoro e nella guida (“non so nemmeno parcheggiare in parallelo”). La seconda traccia, Traitor, parla di un ex fidanzato infedele e rispecchia la rabbia della prima canzone rallentando però il tempo, facendo avvolgere il brano da un caldo organo e da una delicata chitarra acustica. Nel resto dell’album, da un punto di vista sonoro Rodrigo pesca da influenze diverse, passando da Avril Lavigne (Good 4 U) a un modo di scrivere i testi vicino a Taylor Swift (Enough for you), fino alla melodia sussurrata e sporcata dall’elettronica di Deja vu, che fa venire in mente la neozelandese Lorde. Sour è una buona colonna sonora per la fine della prima storia d’amore, scritta da un talento promettente.

Michael Cragg,
The Observer

Kuhlau: opera per piano solo, volume 1

Quando i maestri di piano vogliono dare ai loro giovani studenti un pezzo del periodo classico che sia alla loro portata, scelgono spesso una sonatina del compositore danese Friedrich Kuhlau (1786-1832). Ma sono molto più che semplici pezzi per principianti: sono opere scritte con eleganza e piene fascino e d’inventiva. La sonatina op. 20 n. 3, per esempio, comincia come un esercizio, ma poi diventa una briosa polka. E l’_adagio e sostenuto _centrale della sonatina op. 20 n. 2 sembra un pezzo del giovane Beethoven. Marie-Luise Bodendorff ha un meraviglioso bagaglio tecnico e artistico, e ce le presenta nel migliore dei modi. È molto bello sentire la musica che suonavo (male) da bambino nelle mani di una professionista. Ed è anche materiale perfetto se volete fare con gli amici un quiz “indovina il compositore”.

Jed Distler,
ClassicsToday

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1411 - 28 maggio 2021
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