Nel brano Chismiten Mahamadou Souleymane (alias Mdou Moctar) canta nella sua lingua tuareg: “Per diventare una persona migliore, devi smetterla di essere così geloso e insicuro”. Letto così, tradotto, può sembrare un semplice rimprovero, ma cantato dalla voce dell’artista del Niger, suonato dalla sua chitarra e dalla sua incredibile band, diventa un messaggio trascendente e profondo. Afrique victime è un disco straordinario, che ci mostra i lati di questo progetto che finora avevamo notato solo di sfuggita. Dopo la svolta psichedelica del 2019 con Ilana (The Creator ), la band mette in mostra un suono più grandioso e vivace, ma anche arrangiamenti acustici e meno frenetici, trovando armonie meravigliose che vanno d’accordo con una sincerità sociale e politica. Nell’emozionante canzone che dà il titolo al disco, Mdou Moctar canta: “L’Africa è vittima di tanti crimini, se restiamo in silenzio sarà la fine per noi. Perché sta succedendo questo?”. Vish Khanna, Exclaim!
Dal 2011, l’anno di Cole world: the sideline story, in ogni album J. Cole è stato ossessionato dal guadagnarsi un posto sul podio accanto ai suoi idoli, The Notorious B.I.G., Jay-Z e Nas. J. Cole è un paroliere intelligente e i suoi beat hanno quel calore che può produrre brani intimi capaci anche di andare in testa alle classifiche. Ma è così mortalmente serio che può far sembrare un disco rap come un test d’ingresso per il c0llege. Ora finalmente si è reso conto che ha bisogno di rilassarsi. Per questo il suo ultimo album The off-season non è così teso come al solito. Nel disco ci sono molti ospiti interessanti, a partire da 21 Savage, ma a tratti alcune collaborazioni non funzionano come dovrebbero. Prima dell’uscita dell’album J. Cole ha pubblicato un documentario che partiva dalla domanda: perché è così difficile essere bravi nel rap quando s’invecchia? Cole, che ora ha 36 anni, crede di aver risolto il problema facendo un passo indietro rispetto alla sue ambizioni del passato. Alphonse Pierre,Pitchfork
Il ritmo lavorativo del cantautore britannico Paul Weller (quattro album in quattro anni) non sarebbe straordinario in sé, se non fosse per il fatto che la qualità di ogni cosa che fa rimane altissima. Fat pop (volume I), concepito e realizzato durante il lockdown, conferma la bravura di Weller nel realizzare frizzanti pezzi pop, trascinanti inni soul e strani ibridi tra dub ed elettronica. Il brano di apertura, Cosmic fringes, è un attacco decisamente post-punk che fa da contraltare a Fat pop, con il suo lunatico dub-funk. Shades of blue, True e Failed sono delle perle old school e That pleasure è una sorpresa disco tutta da ballare. E in Fat pop (volume 1) c’è molto altro: a questo punto aspettiamo davvero con ansia il volume due per l’anno prossimo. Pat Gilbert,Mojo
I due pezzi di questo notevole cd sono stati registrati a quasi tre anni di distanza: Ein Heldenleben dal vivo al Parco della musica di Roma nel gennaio 2018, Burleske nella stessa sede ma senza pubblico nell’ottobre 2020. Ein Heldenleben è tra i più belli che mi sia capitato di sentire negli ultimi anni, un’interpretazione controllatissima e straordinariamente toccante. Abbiamo la tendenza a considerare il grande poema sinfonico di Strauss soprattutto come un pezzo imponente ed elettrizzante, ma la profondità emotiva della lettura di Pappano è sorprendente. Anche Burleske è speciale: Bertrand Chamayou unisce fascino e virtuosismo spericolato, e il direttore si diverte tantissimo. L’orchestra è sempre sfarzosa e la registrazione è di una chiarezza cristallina. Un disco da non perdere. Tim Ashley, Gramophone
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