Nel suo secondo album serpentwithfeet, cantante rnb di Baltimora che ora vive a Los Angeles, ha realizzato un inno alla semplicità dell’amore. È una forte, e probabilmente voluta, contraddizione se si pensa alla dura realtà che devono affrontare molte persone nere che fanno parte dalla comunità lgbt. Deacon celebra la bellezza dell’amore libero dalle oppressioni esterne ed è un’ode senza filtri alle relazioni emotive, fisiche e spirituali. Si nutre anche di spazi religiosi ed è pieno di svolazzi gospel, dalla melodia di Fellowship all’interludio di Dawn. “Non ha mai avuto bisogno dell’argenteria, ma io sono il suo cucchiaino”, canta serpentwithfeet in Hyacinth. Nei momenti più dolci dell’album, la gioia del cantante statunitense è palpabile, abbinata a una sensualità che è alla base di ciascuna delle undici tracce. A questo si aggiunge un’esplorazione della forma umana e dell’individualità. C’è coraggio nella capacità del cantante di essere allo stesso tempo vulnerabile e sicuro di sé. Mentre il mondo continua a lottare per le libertà individuali delle comunità nere, lgbt e non, Deacon cerca speranza nell’amore e nella spiritualità. Ben Tipple, Diy
Prendete un tipico romanzo di formazione, scambiate il protagonista con un trentenne, mettetelo in musica e avrete Green to gold, il sesto album degli Antlers, band di Brooklyn. Questo è indie rock, certo, ma ci sono anche parecchi elementi di folk, qualcosa di bucolico e qualcosa legato alla tradizione orale della canzone tradizionale. Green to gold, il pezzo che dà il titolo all’album è un buon esempio: un’ode al susseguirsi delle stagioni che segnano lo scorrere del tempo. Anche Solstice parla di questo di tema quando Peter Silberman canta “le settimane erano lente ma l’anno è volato via”. Green to gold riesce a essere molto letterale, quasi didascalico, senza mai essere banale nella sua estrema delicatezza. Non c’è solo reverenza verso madre natura ma anche parecchia introspezione. Stubborn man e Just one sec sono meditazioni agrodolci sulla fragilità delle cose umane: “Mi puoi ripulire la cache per un attimo? Per un secondo solo liberami da me stesso”, si sente cantare. Eppure Green to gold non si rifugia mai in atmosfere deprimenti, perché tutti i brani si reggono sulla consapevolezza del percorso che la natura ha in serbo per ciascuno di noi. Dylan Barnabe, Exclaim
Secondo iTunes il genere del quinto album di Ryley Walker è “prog fucking rock”: un dettaglio scherzoso inserito dallo stesso musicista per dichiarare il suo amore per quel tipo di musica e per ricordarci quanto gli piaccia prendersi in giro, un po’ come succede nelle interviste o su Twitter. Se c’è uno spazio dove la coscienza di Ryley vaga liberamente è la musica. Con Deafman glance del 2018 era uscito dall’ombra delle sue influenze (Nick Drake, Van Morrison, Tim Buckley, il free jazz) e le aveva sintetizzate in maniera contemporanea. Da quel momento non si è risparmiato incursioni e incontri con altri musicisti, per prepararsi all’evoluzione naturale rappresentata dal nuovo lavoro Course in fable. Un’opera breve, solo 41 minuti, leggera, luminosa, a volte gioiosa e soprattutto imprevedibile. I testi sono poetici e capaci di cogliere sempre l’esistenzialismo dell’autore. Walker percorre strade familiari e le arricchisce con scelte intuitive, rese possibili da anni d’improvvisazione. In ogni disco spera di ritrovarsi in luoghi nuovi, insoliti, senza fare troppi calcoli. Nessuno sa dove lo porterà il futuro, e non sarebbe neanche da escludere un doppio album di “prog fucking rock”. Sharon O’Connell, Uncut
Composizione faro di Karlheinz Stockhausen, il vasto affresco di Mantra inaugura nel 1970 l’ultimo periodo dell’opera del compositore tedesco. In un’ora coinvolge due pianisti (che suonano anche crotali e woodblock) e un dispositivo elettronico di trattamento del suono. È un lavoro che da solo riassume la vertiginosa evoluzione della scrittura per pianoforte del novecento, da Debussy, Bartók e Stravinskij a Boulez e Ligeti, passando per il jazz sperimentale di Monk e Cecil Taylor. Jean-Frédéric Neuburger e Jean-François Heisser ne dominano le esigenze e i molteplici significati, e fanno risaltare in ogni momento la prodigiosa varietà di colori e di atmosfere di questo percorso quasi cosmico. Patrick Szersnovicz, Diapason
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