Una grande azienda mineraria (“il mostro”) devasta il paesaggio e causa aspre divisioni all’interno di una comunità: con una trama simile questo dramma ben fatto avrebbe potuto essere ambientato nella rust belt statunitense. Invece siamo nei boschi della Grecia, dove il forestale Nikitas (Vangelis Mourikis), dopo aver visto una frana aprirsi, vuol fare di tutto per impedire alla grande azienda di distruggere il mondo che ama. All’improvviso arriva il figlio Johnny (Argyris Pandazaras), appassionato di motocross, che non è in buoni rapporti con il padre. Il loro conflitto, il cui classicismo è ravvivato da un elemento più contemporaneo (in questo caso la passione di Johnny per le moto), fa pensare al territorio romantico-realista di Jacques Audiard. Peccato che la tensione crescente tra i due non sia stata drammatizzata con la stessa sottigliezza con cui il regista rappresenta lo scontro tra le fazioni che si creano all’interno della comunità. Perfetto invece l’uso dell’ambientazione, che fa da contrappunto alle vicende dei personaggi. Phil Hoad, The Guardian
Grecia / Francia 2020, 101’. Mubi
Francia / Germania 2019, 107’. Chili
Sarah è un’astronauta in procinto di partire per una missione che durerà un anno. È felice, ma le cose sono tutt’altro che semplici per lei e anche per sua figlia Stella, che ha otto anni e vive sola con lei. Sarah deve prepararsi per la sua missione ma anche per la separazione dalla bambina. Dalla base di addestramento dell’Agenzia spaziale europea, a Colonia, al Cosmodromo di Bajkonur, in Kazakistan, Proxima descrive in modo realistico e documentato l’addestramento di Sarah. Una prova dura, in un ambiente maschile. Macchina da guerra e donna normale, la nostra eroina è soprattutto una madre angosciata dall’idea di lasciare la figlia, forse per sempre. Il loro rapporto, al cuore del film, è affrontato con delicatezza e precisione e Proxima è allo stesso tempo pragmatico e trasognato: c’è posto per l’immaginazione, la poesia, le fughe della fantasia. Con l’avvicinarsi del decollo, insieme all’eccitazione cresce una tensione silenziosa. L’arrivo degli astronauti, la folla che si raccoglie, il conto alla rovescia: Alice Winocour filma tutto suggerendo la solennità collettiva del momento, senza però mai spezzare il filo dell’intimità. Jacques Morice, Télérama
Stati Uniti 2019, 126’. PrimeVideo
Come molti film poco riusciti ispirati a tragedie reali, L’amico del cuore è quasi più doloroso da criticare che da vedere. Basato sull’articolo scritto da Matthew Teague nel 2015 che descrive nel dettaglio il declino della moglie, malata di cancro alle ovaie, questo dramma sdolcinato presenta esattamente il tipo di ritratto abbellito della morte che la schietta scrittura di Teague aveva cercato di respingere. Gabriela Cowperthwaite ha confezionato 14 anni della vita dei protagonisti in una narrativa temporale non lineare. Vediamo Matt e Nicole (Casey Affleck e un’affascinante Dakota Johnson) elaborare la diagnosi di Nicole nel 2012, poi discutere del lavoro di Matt nel 2008, poi ancora affrontare un’infedeltà nel 2011. La sofferenza di Nicole, in una scena costretta a letto e immediatamente dopo impegnata nel gioco dei mimi, è prosciugata di ogni forza drammatica. L’unica costante è Dane (Jason Siegel), l’amico del titolo, consigliere, infermiere, baby sitter: indispensabile quanto insondabile. Il suo altruismo è assoluto, le sue motivazioni un mistero che forse solo il pubblico si preoccupa di risolvere. Jeannette Catsoulis, The New York Times
Francia 2021, 120’. Netflix
Julien Leclercq è uno dei pochi registi francesi a dedicarsi completamente al cinema di genere, in particolare quello poliziesco d’azione. Nel suo secondo lungometraggio Olga Kurylenko interpreta una soldata che dopo aver conosciuto l’orrore della guerra siriana, vuole vendicare la sorella violentata e uccisa. Tanto è magnetica la protagonista quanto i ruoli secondari sono pallidi e approssimativi, finendo per minare l’interesse nella storia. Simon Riaux, Écran Large
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