Cultura Suoni
Chemtrails over the country club
Lana Del Rey (interscope)

Trattata in modo ingiustamente ruvido ai suoi esordi, dieci anni dopo Lana Del Rey è un’artista di successo che conquista anche la critica. Il suo disco del 2019, Norman fucking Rockwell!, è finito in molte classifiche di fine anno. Di recente è apparsa perfino sulla copertina di una rivista storica come Mojo, che di solito non mette mai foto di trentenni in prima pagina, a meno che non siano state scattate nel 1972. Tutto questo è stato ottenuto perfezionando quello che fa, piuttosto che cambiandolo radicalmente. A tratti il suo nuovo album, Chemtrails over the country club, sconfina in territori nuovi, quando prova il falsetto oppure sposta la posizione geo­grafica dei testi da Los Angeles al Midwest. Ma sono cambiamenti minori. Le canzoni seguono il solito ritmo, frenetico come un campionato mondiale di bocce, in quel luogo dove il trip-hop incontra i cantautori degli anni settanta. I protagonisti delle canzoni sono come sempre uomini minacciosi e maleducati. Chemtrails over the country club non fa niente di nuovo, ma lo fa maledettamente bene. Alexis Petridis, The Guardian

Quello che unisce la leggenda del sassofono statunitense Pharoah Sanders e Sam Sheperd (in arte Floating Points) è il loro interesse comune nell’aspetto spirituale della musica al di là di restrizioni di genere o di forme fissate. Entrambi presentano la musica in uno stato liquido, uno stato di fluidità in cui tutto sembra possibile. Promises è uno spazio di contemplazione e di gioco, dove l’attenzione per il dettaglio rende i momenti di variazione e d’improvvisazione emotivamente straordinari. Questa profondità di suono è ottenuta attraverso una produzione eccellente, l’intelligenza compositiva di Floating Points, lo stile unico di Pharoah Sanders e gli archi della London symphony orchestra. Questo disco offre 47 minuti di musica continua, organizzata in nove movimenti: ci sono voluti cinque anni per realizzarlo e merita di essere ascoltato, ma solo da coloro che sono pronti a dedicargli il tempo necessario per una completa immersione nel suono.
Asya Draganova,
The Arts Desk

Great spans of muddy time
William Doyle (Charina Pitzel)

Se voleste fare un tour nel perfezionismo musicale, Your wilderness revisited potrebbe essere la vostra guida. Per William Doyle ha rappresentato un azzeramento della sua carriera, fino ad allora intrapresa con lo pseudonimo East India Youth. Quell’album del 2019 gli valse gli elogi della critica, perché parlava di un mondo suburbano che conosceva bene. Il secondo lavoro realizzato con il suo vero nome è in un certo modo una versione incompleta del precedente. Notevole nel suono e nella composizione, Great spans of muddy time è concepito tra l’avventura e il rilassamento apprensivo. Il musicista di Bournemouth si tuffa nell’infinito disorientamento mentale e nelle idiosincrasie causati dal lockdown. A volte si lascia andare e dei feed­back crepitanti consumano melodie semplici, come se le tracce fossero state registrate solo su cassetta. Dai ricchi arrangiamenti e il pop familiare di And everything changed (but I feel alright), all’elettronica claustrofobica di A forgotten film o quel basso che cresce in Shadowtackling, l’album mette in campo abbastanza riferimenti per creare un’esperienza vertiginosa. Esplorando ancora una volta le terre selvagge, Doyle ha scoperto un paradiso lynchiano massimalista nel sottobosco. Tristan Gatward, Loud and Quiet

Francesco Venturini: concerti

Francesco Venturini (circa 1675–1745) nacque a Bruxelles. Fu a servizio presso la cappella di corte dell’elettorato di Hannover, oggi nella Germania centrosettentrionale, prima come violinista poi come maestro di cappella. I concerti da camera op. 1 sono l’unica raccolta dei suoi lavori pubblicata all’epoca. È facile intuire come mai fossero tanto popolari allora ed è difficile capire perché siano stati rapidamente dimenticati: è musica sempre originale e fantasiosa. Ne troviamo un esempio subito, nel concerto in la minore, prima con l’imprevedibile gioco di colori tra flauti e archi del primo movimento, poi con l’elettrizzante energia e le pungenti percussioni del finale. L’ensemble La Festa Musicale è perfettamente in sintonia con la vivacissima musica di Venturini. Questo disco farà felici gli appassionati di musica barocca che hanno voglia di esplorare un po’ di repertorio non molto famoso. Jed Distler, ClassicsToday

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1402 - 26 marzo 2021
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