Già all’epoca della sua presentazione al festival di Cannes, nel 2018, Rafiki suscitava delle aspettative. Si trattava del primo film keniano a essere stato selezionato per il festival e all’epoca era appena stato messo al bando nel suo paese di origine a causa di una rappresentazione in chiave positiva dell’amore omosessuale. Aspettative che hanno sorpreso anche gli autori di questa semplice storia d’amore tra due ragazze (Kena, interpretata da Samantha Mugatsia, che vuole andare a una scuola per diventare infermiera, e Ziki, interpretata da Sheila Munyiva, uno spirito libero che sogna di viaggiare e incoraggia Kena a puntare più in alto). Il fatto che le relazioni omosessuali siano illegali in Kenya non è l’unico problema delle due ragazze, perché i rispettivi padri sono rivali in politica e hanno quindi gli occhi addosso. Il film descrive con cura sia le esitazioni delle ragazze sia le forze – la famiglia, la religione, il pettegolezzo sempre in agguato – che le avversano. La delicatezza iniziale della storia rende la successiva violenza, fisica ed emotiva, ancora più brutale. Ben Kenigsberg, The New York Times
Kenya 2018, 82’. Mubi
Stati Uniti 2021, 128’. A noleggio
I fantasmi di giovani donne assassinate visitano il poliziotto John “Deke” Deacon (Denzel Washington) nel cuore della notte, dando corpo al senso di colpa dell’agente per un caso non risolto e per un possibile serial killer ancora in circolazione. Anche il poco ispirato thriller di John Lee Hancock è una specie di fantasma che viene dal passato. Il regista scrisse la sceneggiatura nel 1990 pensando a Spielberg. Nel frattempo Hancock si è fatto un nome e ha deciso di dirigerselo da solo. Ma il tempo è stato impietoso per la sceneggiatura e il film sembra datato. Deke torna per caso a Los Angeles e insieme al detective che ne ha preso il posto alla squadra omicidi (Rami Malek) visita la scena di un crimine che potrebbe aver commesso proprio il killer che ossessionava Deke. In alcuni momenti Fino all’ultimo indizio sembra quasi un omaggio a Seven (che però è del 1995). Trent’anni fa forse il film sarebbe sembrato meno convenzionale, ma oggi le storie macabre di detective ossessionati affollano la tv. Denzel Washington, perfettamente a suo agio nel ruolo, fornisce un’ottima miscela di solenne tranquillità, orgoglio ferito e una certa fatica di vivere che non si è ancora trasformata in cinismo. __**Clarisse Loughrey, Independent**
Stati Uniti 2021, 111’. Netflix
Non è offensivo dire che questa storia di formazione è mirata – come poche altre in circolazione – proprio a un pubblico di adolescenti. Vivian (Hadley Robinson) è una vivace liceale con un piede ancora nell’infanzia. Nonostante intorno a lei si parli tanto di Greta Thunberg e dell’impeto politico della generazione z, la sua visione del mondo si può definire, per essere corretti, “in via di sviluppo”. Si sbloccherà grazie alla scossa di una nuova compagna di classe che denuncia il sessismo di alcuni ragazzi, ispirandosi al passato punk della madre (interpretata dalla stessa regista). Il tono del film di Amy Poehler è sincero. Chi spera in una commedia sofisticata ha sbagliato indirizzo e i punk di una certa età storceranno il naso. Ma, come si diceva, il film non è rivolto a loro. Danny Leigh, Financial Times
Stati Uniti 2021, 110’. PrimeVideo
Trentatré anni dopo lo spassoso Il principe cerca moglie di John Landis ritroviamo Eddie Murphy nei panni di Akeem Joffe, erede al trono di Zamunda. Adesso vive con la moglie e le tre figlie che però a causa delle leggi del regno non potranno succedere al padre. Spunta fuori un figlio illegittimo del principe, così Akeem e il fedele Semmi tornano nel Queens per prelevarlo e portarlo in Africa. Il primo film giocava con la contrapposizione dell’Africa “antiquata” e dell’America “moderna”. Nel sequel non è chiaro come aggiornare quella contrapposizione. E alla fine il film risulta un po’ stanco e invecchiato, come Eddie Murphy, insolitamente ingessato e forse troppo “regale”. Peter Bradshaw,The Guardian
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