Il primo film diretto dai fratelli Russo dopo Endgame può suonare quasi come una dichiarazione: i due registi sembrano voler dire che sono perfettamente in grado di dedicarsi a qualcosa di diverso, adulto, in cui non ci sono gemme magiche. E anche se il campo d’azione è più ristretto – la posta in gioco è la vita di un ragazzo, non il destino dell’universo – il progetto è comunque ambizioso: l’adattamento del tentacolare romanzo scritto (dal carcere) dall’ex soldato Nico Walker. Diviso in capitoli, Cherry sembra quasi contenere più film in uno: una storia d’amore universitario, un film di guerra, un dramma sulle dipendenze, un poliziesco e un film carcerario. Ogni capitolo è ben distinto, ma nel complesso si ha la sensazione di qualcosa di confuso, e la sceneggiatura, che fa troppo affidamento sulla voce fuori campo del protagonista, a momenti sembra gonfiata. Ma i due registi dimostrano grande confidenza nei loro mezzi (in alcuni momenti si pensa a Danny Boyle) e Tom Holland affronta con grande maturità un ruolo estremamente complesso. Infine è piuttosto rinfrescante vedere due registi che hanno raggiunto le vette del sistema scegliere di rischiare uscendo dalla loro zona di conforto. John Nugent, Empire
Stati Uniti 2021, 142’. Apple Tv
Turchia / Francia / Germania / Paesi Bassi 2017, 104’. Mubi
Something useful
Un treno, una lunga notte, una destinazione comune, due donne. La regista turca Pelin Esmer ha usato questi elementi per raccontare una storia che tiene il pubblico in sospeso per tutto il tempo. Chi sono? Dove vanno? Quali segreti nascondono l’una all’altra? Da sempre da un incontro su un treno, nei film come nella realtà, possono venire fuori cose eccezionali. E tutta la prima parte di Something useful si svolge proprio su un treno, l’ambientazione ideale per conoscere un po’ per volta le due protagoniste man mano che loro stesse si conoscono a vicenda. Ma anche i frammenti delle vite degli altri passeggeri contribuiscono al fascino e all’imprevedibilità della storia. E Something useful tratta proprio delle conseguenze che possono avere su una persona le scelte improvvisate e casuali di qualcun altro. Quando il viaggio finisce la forza del film si affievolisce e la poesia a cui si affida Esmer non compensa questa perdita di energia. Ma il film rimane comunque bellissimo grazie anche a due attrici eccellenti e alla meravigliosa fotografia di Gökhan Tiryaki (C’era una volta in Anatolia, Il regno di inverno). Monica Meijer, Cinemagazine (Paesi Bassi)
L’ultima principessa della Disney è esattamente come ce la saremmo aspettata: fiera, divertente, indipendente e con un pizzico di goffaggine. Raya, che proviene dalla mitica terra di Kumandra, dove sono evidenti le influenze del sudest asiatico, è una guerriera con una missione: deve trovare l’ultimo drago per riunire i clan e riportare l’armonia nel suo popolo. C’è un’innegabile forza culturale nel tipo di rappresentazione offerta da Raya e l’ultimo drago. Ma gli autori sembrano più preoccupati a far rientrare il loro film nel canone disneiano che a farlo emergere. Raya si troverebbe immediatamente a suo agio in compagnia di Jasmine, Tiana, Elsa e compagnia. Questa familiarità però rischia di farla scivolare nello stereotipo. Clarisse Loughrey, Independent
Corea del Sud 2021, 136’. Netflix
Space sweepers non è perfetto né particolarmente innovativo, ma quest’avventura fantascientifica sudcoreana è divertente, il cast è vario e gli effetti speciali sono di qualità. Nel 2092 la Terra è praticamente inabitabile. I ricchi si sono trasferiti su Eden, un satellite messo in orbita da una multinazionale. Tra Eden e la Terra delle bande di “spazzini” sopravvivono recuperando e vendendo rifiuti spaziali. Ogni banda ha una sua nazionalità e parla la sua lingua. È uno di quei rari film che non dà per scontato che la lingua ufficiale dello spazio sia l’inglese. Non succederà niente che non abbiamo già visto in qualche altro film ma la natura multiculturale dell’universo immaginato in Space sweepers sopravanza di gran lunga i cliché. Karen Han, Slate
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