“Non me ne frega un cazzo del passato”. Per gli Arab Strap non c’era un altro modo per cominciare il loro album del ritorno. Dopo una lunga pausa, gli scozzesi hanno pubblicato As days get dark, il loro primo disco dal 2005, anno dell’eccellente commiato The last romance. Anche prima del volgere del millennio, Aidan Moffat e Malcolm Middleton hanno contribuito a definire il suono dell’underground degli anni duemila, dal post-rock dei Mogwai al cantato-parlato dei The Streets, fino ai synth splendenti degli M83. Ecco perché, mentre si prepara il revival degli anni duemila, non c’è momento migliore per tornare alla ribalta. L’apertura dell’album, The turning of our bones, sfodera una drum machine scheletrica e un ritmo irregolare, per gentile concessione del “rap” di Moffat, mentre Another clockwork day è una ballata acustica banale. La band raggiunge l’apice nell’immortale Kebabylon. Per quanto gli Arab Strap siano dei duri, a conti fatti questo disco è una lettera d’amore al loro pubblico. Daniel Sylvester, Exclaim
Quando i Maxïmo Park hanno fatto irruzione nella scena indie britannica all’inizio degli anni 2000 insieme a gente come Bloc Party, Kaiser Chiefs e Franz Ferdinand, erano armati di un album di debutto pieno di pezzoni pop di sicuro effetto. Negli anni la loro reputazione indie-pop è rimasta intatta, anche se non sono mai stati più ispirati come in quel primo disco. Almeno fino a ora. Con Nature always wins il trio torna all’attacco con un album pop che fa scintille come un fuoco d’artificio. Il primo singolo, All of me, è arrivato a sorpresa come una mossa di kung-fu, con synth trascinanti che ricordano i Killers, e il pezzone che apre l’album, Party of my making, è epico, con il carismatico frontman Paul Smith che riflette sull’invecchiamento su un ritmo incalzante: “Come potete vedere tutti ho perso un po’ di luminosità”. Nature always wins è un grande ritorno, pieno di gioiosi pezzi pop e qualche momento più introspettivo. Damian Jones, Nme
Il primo album in più di trent’anni della musicista elettronica statunitense Pauline Anna Strom è diventato anche un disco postumo, visto che lei è morta a dicembre all’età di 74 anni. La musica di Strom è stata classificata come new age, ma non le è mai piaciuto. Cieca dalla nascita e influenzata dalla kosmische musik dei Tangerine Dream e dalla ambient di Brian Eno, Strom era affascinata dai concetti di parole nascoste e suoni senza tempo. Alla fine degli anni ottanta si era ritirata dal mondo delle produzioni musicali, dov’era nota con lo pseudonimo Trans-Millenia Consort. Nel 2017 ha pubblicato una raccolta e poi nel novembre del 2020 ha annunciato Angel tears in sunlight, un album con nuove composizioni. Il disco si collega ai suoni abbandonati alla fine degli anni ottanta. Marking time mescola suoni elettronici con melodie vocali trattate al computer. Molte tracce rievocano foreste tropicali con canti di uccelli, acque che scorrono e suoni di insetti. Il senso di connessione con la natura ha un aspetto utopico, ma non ha nulla di kitsch. La muisca di Strom è ricca di colori e dettagli e richiede attenzione più che offrire un modo per rilassarsi. Ludovic Hunter-Tilney, Financial Times
La pianista statunitense Ruth Slenczynska ha festeggiato i 95 anni il 15 gennaio 2020, quando stava preparando una tournée in Asia poi bloccata dal covid-19. Il fatto che sia riuscita ad avere una carriera così lunga e prestigiosa è particolarmente toccante se si pensa alla sua traumatica infanzia di bambina prodigio, cominciata quando aveva tre anni sotto la guida di un padre sadicamente tirannico (una storia raccontata da lei stessa nel libro Forbidden childhood, del 1957). Dopo un esordio di altissimo profilo e anni di maltrattamenti, nel 1940 si ribellò e interruppe l’attività. Negli anni cinquanta ricominciò a fare la concertista e tra il 1956 e il 1963 registrò dieci dischi per la Decca americana, raccolti in questa ristampa. C’è tanto Chopin, con risultati alterni, ma spesso sensazionali dal punto di vista tecnico e artistico. Poi troviamo uno sfavillante Liszt, due concerti e due album di pezzi sparsi con Slenczynska al suo meglio. Le note del libretto che accompagna il box sono ottime. Applausi alla Eloquence per averci fatto riscoprire questo pozzo di meraviglie pianistiche. Jed Distler, ClassicsToday
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