Cultura Suoni
Essex honey
Blood Orange (Jade Boulton)

Il quinto album di Dev Hynes come Blood Orange si apre con una serie di contrasti musicali. Il primo brano, Look at you, comincia con una voce morbida su un cuscino di sintetizzatori, per poi fermarsi e ricominciare in maniera completamente diversa. Niente di nuovo per chiunque abbia familiarità con il repertorio del musicista britannico. Nella sua carriera si è inserito sempre nel mainstream in maniera obliqua. È apparso in album di star come Mariah Carey e Kylie Minogue senza diventare una fabbrica di hit ma per dare freschezza a queste produzioni. I suoi dischi esistono in un mondo a parte, dove regna l’inaspettato e la varietà è garantita anche dagli ospiti. Questi elementi gli hanno assicurato un certo eclettismo, ma spesso anche risultati dispersivi. Al contrario, Essex honey garantisce una certa unitarietà. Tutto è tenuto saldo da una notevole malinconia, quella tipica della fine dell’estate e dell’inizio dell’autunno, con melodie splendide ma tristi. I numerosi ospiti (Lorde, Mabe Fratti, il cantante sudanese canadese Mustafa e Zadie Smith, giusto per citarne alcuni) sono solo al servizio delle canzoni, contribuendo a un’atmosfera che continuerà a seguirvi anche dopo la fine del disco.
Alexis Petridis, The Guardian

Animal poem
Anna Tivel (Matt Kennelly)

Anna Tivel ha sempre mantenuto una presenza unica nella scena folk contemporanea, conquistando però l’attenzione di pubblico e critica. Dal debutto del 2014, e soprattutto dal 2019 in poi con una produzione molto intensa, è diventata una delle voci più innovative del genere. Per lei le tradizioni popolari e l’omaggio alla musica statunitense non sono mode passeggere: la sua scrittura rifiuta i cliché zuccherosi, cercando invece una sperimentazione naturale. Con Animal poem, il suo settimo album, Tivel amplia ancora di più questo percorso. Il disco segna un’evoluzione sonora: rispetto ai lavori precedenti c’è un respiro più ampio e quasi epico, senza perdere il calore intimo tipico della sua musica. I dieci brani mantengono l’equilibrio tra intimità e apertura, confermando la sua voglia di crescere senza ripetersi. Le atmosfere virano verso un folk più vicino al rock, con arrangiamenti vividi che esaltano immagini e emozioni dei testi. Già l’iniziale Holy equation introduce nuove profondità sonore, mentre Paradise, White goose e Airplane to nowhere mostrano la varietà della sua tavolozza. Anche la scrittura si amplia: Tivel si abbandona a storie più vive e dettagliate, dal viaggio emotivo di Hough Ave, 1966 alla tensione di Badlands. Brani come Meantime o la conclusiva The humming dimostrano che sa unire accessibilità e originalità. Animal poem è un cambiamento coraggioso: Tivel non cede alla tentazione di ripetersi, ma spinge ancora più in là i confini del folk.
Ryan Dillon, Glide

Čajkovskij: Le stagioni
Yunchan Lim: piano

Se condividete l’opinione secondo cui le Stagioni di Čajkovskij sono più adatte al consumo domestico che alla sala da concerto, preparatevi a una sorpresa. È interessante che negli ultimi anni Pavel Kolesnikov, Bruce Liu e ora Yunchan Lim, tutti vincitori di concorsi di alto profilo, abbiano registrato Le stagioni, come se volessero sfuggire all’idea di virtuosismo adrenalinico che potrebbe derivare dal loro successo in competizione. In quest’ultima uscita il pedale asciutto e la sonorità brillante di Yunchan Lim dimostrano forza tecnica e lucidità. C’è un tocco selvatico dietro l’esplosione iperattiva di Agosto, mentre in Giugno l’attenzione rimane nitida come un’abbagliante luce bianca: non c’è tempo per la distanza o la nostalgia, ma c’è “qualcosa che ci ribolle dentro”. Pochi giovani pianisti hanno dimostrato una sicurezza così incrollabile, forse nessuno. L’aria timida e riservata di Lim nasconde un temperamento di fuoco e ghiaccio, sostenuto da una prodigiosa padronanza di sé e un’energia prorompente.
Bryce Morrison, International Piano

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1630 - 5 settembre 2025
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