Kelly Reichardt ha un’avversione per l’ovvio. I suoi film (First cow, Certain women) sfidano con sottigliezza le nostre aspettative. A volte sembra interessata agli spazi e ai personaggi almeno quanto ai temi che affronta. Con leggerezza e ironia sembrano quasi contraddire la complessità delle storie che racconta. E i suoi film sono sempre molto più di quello che appaiono inizialmente. Prendete il suo ultimo dramma. Fondamentalmente è un heist movie in cui J.B. (Josh O’Connor) è convinto di aver messo a punto un crimine perfetto: il furto di quattro dipinti dell’artista Arthur Dove da un piccolo museo di provincia. Ciò che affascina Reichardt però non sono l’adrenalina e l’azione intorno al “colpo”, ma quello che viene dopo, un seguito cupo, languido e introspettivo. Alla fine il suo è il ritratto di un uomo qualunque che crede di essere speciale ed è costretto, lentamente e inesorabilmente, a prendere atto della sua mediocrità. O’Connor, sempre molto espressivo fisicamente, è fenomenale. Si sta chiaramente preparando a diventare uno dei migliori attori della sua generazione. Ma c’è dell’altro. The mastermind è più di un’analisi dei fallimenti di un uomo imperfetto. È una storia di insoddisfazione e dissenso. Siamo negli anni settanta, gli Stati Uniti sono in guerra in Vietnam. Il conflitto e le proteste echeggiano sullo sfondo. C’è una tensione snervante e litigiosa nell’aria e J.B., marito e padre di due figli che potrebbe aspirare a una vita perfettamente felice, ne rimane coinvolto.
Wendy Ide, The Observer
Stati Uniti / Regno Unito 2025, 110’. In sala
Francia 2025, 129’. In sala
Dracula è un personaggio che il cinema ha costantemente rivisitato e reinterpretato seguendo i progressi tecnici e le ossessioni del tempo. Ora tocca a Luc Besson cimentarsi con il famoso vampiro nel film che, per sua ammissione, segna una “rinascita artistica” dopo una serie di battute d’arresto. Già Dogman (2023) doveva essere il film del “dopo”, ma è stato un fallimento. Si arriva così a Dracula su cui si allungano le ombre dell’autoritratto. E in effetti già il budget del film (con 45 milioni di euro è il film francese più costoso del 2025) ci parla di un regista capace di rinascere più e più volte. Il film segue abbastanza fedelmente la trama del celebre romanzo di Bram Stoker trasformandolo in un blockbuster romantico, una specie di La donna che visse due volte (un uomo in lutto è ossessionato dall’immagine di una donna morta), in cui Besson fatica a bilanciare le sue intenzioni con una profondità narrativa o formale. Quale ossessione lo anima? La risposta emerge dal trattamento dei personaggi femminili, tutti costretti in un registro mostruoso. La cosa potrebbe risolversi in un gioioso carnevale se non ci si leggesse una costante del cinema di Besson: la paura sadica del femminile, non appena osa allontanarsi dal romanticismo a buon mercato.
Murielle Joudet, Le Monde
Norvegia / Polonia / Danimarca / Svezia 2025, 109’. In sala
Vedova subito dopo le nozze, Rebekka scopre che la fortuna che pensava di ereditare non esiste. Al suo posto si ritrova la splendida figliastra Agnes e la necessità di trovare un nuovo benefattore. La figlia Elvira deve perciò sposare il principe Julian, ma al contrario di Agnes, è goffa e maldestra. Con l’aiuto di un chirurgo plastico cocainomane può essere rimodellata in tempo per il gran ballo… Come The substance, il carnoso folk horror di Blichfeldt ci costringe a guardare da vicino l’agonia fisica richiesta dalla conformità estetica. Ma questo originale adattamento della favola di Cenerentola è tutt’altro che formativo: divertente e accattivante passa con disinvoltura dal disgustoso allo splendido, dal grottesco al magico. Contrastando la freschezza della giovinezza con il decadimento di un mondo in cui la bellezza è l’unica valuta e il romanticismo un’illusione, The ugly stepsister colpisce nel segno grazie alla straordinaria interpretazione di Myren. Mentre i sogni di Elvira s’infrangono e il suo corpo è mutilato, ci sentiamo vicini a lei: come tutti noi, vuole solo essere amata. E, naturalmente, ricca.
Jeannette Catsoulis, The New York Times
Inserisci email e password per entrare nella tua area riservata.
Non hai un account su Internazionale?
Registrati