Giornalisti ed esperti di politica ungherese stanno scoprendo frettolosamente un nuovo nome: Péter Márki-Zay, sindaco di Hódmezővásárhely, un’ex roccaforte del partito al potere, Fidesz. Márki-Zay sarà il candidato dell’opposizione contro l’attuale primo ministro Viktor Orbán alle elezioni parlamentari dell’aprile 2022. Márki-Zay, a volte chiamato semplicemente “Mzp”, è un astro nascente del mondo conservatore e ha vinto a sorpresa le primarie tra i partiti che sfidano Orbán, che si sono tenute tra la fine settembre e la metà di ottobre.

Durante questa competizione sono usciti di scena volti noti del fronte contrario al governo, a partire da Gergely Karácsony, sindaco di Budapest, e Péter Jakab, leader di Jobbik, un ex partito di estrema destra che ora è molto critico nei confronti di Orbán, ma le consultazioni sono state comunque un successo. Non solo l’opposizione ha dimostrato le sue competenze e doti organizzative ma ha conquistato molto spazio sui mezzi d’informazione, riportando in vita una cosa che l’opinione pubblica ungherese aveva quasi dimenticato: la competizione politica.

Il dibattito televisivo del 13 ottobre tra Márki-Zay e l’altra principale candidata, Klara Dobrev, è stato visto da più di ottocentomila spettatori ed è stato il programma più seguito nel paese dai campionati europei di calcio dell’estate 2021. Degli otto milioni di ungheresi che hanno diritto di voto, più di 660mila hanno votato al secondo turno delle primarie e più di ottocentomila in almeno uno dei due turni, superando l’obiettivo iniziale fissato dagli organizzatori, quattrocentomila votanti. I risultati sono ancora più impressionanti alla luce degli attacchi hac­ker che hanno preso di mira il sito delle primarie e i giornali online indipendenti che ne parlavano.

Anche se le primarie sono state un successo, resta da capire se per l’opposizione Márki-Zay sarà una benedizione o una maledizione. Se si esclude la sua capacità di sembrare sincero e di gestire una campagna elettorale, la sua vittoria è stata determinata soprattutto dagli errori strategici di Karácsony e dal fatto che quest’ultimo l’ha appoggiato dopo aver deciso di ritirarsi dalle primarie.

Al primo turno Márki-Zay è arrivato terzo con il 20,4 per cento dei voti. Al primo posto con il 34 per cento c’era Klara Dobrev, moglie dell’ex primo ministro Ferenc Gyurcsány e candidata della Coalizione democratica, un partito di centrosinistra. A seguire c’era Karácsony con il 27 per cento. Ma poi, al secondo turno, Márki-Zay è riuscito a ribaltare la situazione, sottraendo voti soprattutto alla Coalizione democratica, che raccoglie pochi consensi al di fuori dello zoccolo duro dei suoi sostenitori.

L’eccezionale mobilitazione intorno a Márki-Zay è nata grazie al suo carattere “anti-establishment”. Non fa parte di nessuno dei sei partiti dell’opposizione democratica. Ha alle spalle una carriera da economista e uomo d’affari negli Stati Uniti, in Canada e in altri paesi. E disprezza il politicamente corretto con una retorica che lo distingue dagli avversari progressisti e dai politici di professione.

Caccia ai disillusi

Queste credenziali e i suoi valori conservatori e di destra in realtà potrebbero essere delle risorse fondamentali per l’opposizione. Márki-Zay potrebbe riuscire a mobilitare gli astensionisti, tra cui anche gli ex elettori disillusi di destra, che altrimenti sarebbero irraggiungibili per i candidati che provengono dai tradizionali partiti d’opposizione.

Per tutto l’anno Fidesz e l’opposizione hanno ingaggiato un testa a testa nei sondaggi. La capacità di Márki-Zay di mobilitare i cittadini potrebbe essere essenziale per far vincere l’opposizione.

Biografia

1972 Nasce a Hódmezővásárhely, in Ungheria.

1996 Comincia a lavorare nell’azienda di forniture elettriche Démász.

2004 Insieme alla moglie e ai cinque figli si trasferisce in Canada e poi negli Stati Uniti.
2018 Dopo essere tornato a Hódmezővásárhely, vince le elezioni e diventa sindaco della città.
ottobre 2021 Vince le primarie dell’opposizione ungherese.


La manipolazione dei collegi elettorali da parte di Fidesz inoltre ha prodotto una situazione molto complicata: i distretti elettorali che storicamente votavano i partiti più progressisti sono stati rimodellati per includere circa cinquemila elettori in più. Questo significa che i partiti di opposizione in media hanno bisogno del 3 per cento dei voti in più per conquistare un seggio rispetto a Fidesz. L’opposizione dovrà attrarre nuovi sostenitori nei collegi rurali e conservatori, dove gli elettori di Fidesz sono in maggioranza, se vorrà avere almeno qualche possibilità di riuscire a formare il prossimo governo. Tuttavia questi punti di forza potrebbero facilmente trasformarsi in motivi di debolezza. Se si esclude Jobbik, tutte le forze d’opposizione sono progressiste. Per i loro elettori potrebbe essere abbastanza facile accettare le posizioni di Márki-Zay e la sua leadership pur di farla finita con il governo di Orbán.

Lo stesso discorso non vale per i partiti di opposizione. Per loro la distanza ideologica non è l’unico motivo che rende il successo di Márki-Zay molto difficile da digerire. Faticano a fidarsi di lui per diversi motivi: i suoi frequenti attacchi alla “vecchia opposizione” e la sua pretesa di essere un outsider critico nei confronti sia di Orbán sia delle élite politiche. Ma il fattore più importante è la sua imprevedibilità e il desiderio di crearsi una posizione di potere (e potenzialmente un nuovo partito) a uso personale.

Tre fattori determineranno se Márki-Zay riuscirà a mobilitare gli elettori disillusi o se invece distruggerà la coalizione d’opposizione. Il primo ovviamente è la crescita o meno della sua popolarità; il secondo è il desiderio di ottenere posizioni di potere per il suo movimento politico ai danni degli altri partiti; il terzo è la sua azione quotidiana, che potrebbe essere all’insegna della collaborazione o del conflitto con le altre forze d’opposizione.

I primi segnali non sono stati buoni. Pochi giorni dopo le primarie, il 18 ottobre, Márki-Zay ha lasciato di stucco i suoi alleati chiedendo di avere un suo gruppo politico nella prossima legislatura, una mossa che complicherà i negoziati su chi inserire nella lista unica d’opposizione. Questa mossa si spiega con il fatto che Márki-Zay, se diventasse primo ministro, non vorrebbe essere totalmente dipendente dagli altri partiti.

Ma si tratta di un’iniziativa pericolosa, che sta dando l’impressione che lo sfidante di Orbán sia più interessato alla sua carriera politica a lungo termine che a mobilitare tutte le risorse e i sostenitori necessari a battere Fidesz.

Se Márki-Zay saprà tenere insieme le varie sensibilità dei partiti d’opposizione e mantenere relazioni strette e di collaborazione con loro, e se darà la priorità agli obiettivi di campagna elettorale a breve termine rispetto a quelli a lungo termine, forse riuscirà anche a ottenere il pieno sostegno degli altri partiti che vogliono sconfiggere Fidesz. Perché battere Orbán è ormai la priorità di tutti loro. Al contrario, se il sostegno elettorale per il fronte contro Orbán diminuirà o se l’economista continuerà a scagliarsi contro gli alleati o ancora se cercherà di creare una nuova forza per farla entrare nella coalizione, il fronte unito contro Fidesz potrebbe crollare, oppure abbandonare Mzp e scegliersi un nuovo leader.

A pochi mesi dalle elezioni, entrambi gli scenari sarebbero disastrosi per la democrazia ungherese, perché le possibilità dell’opposizione di sfidare il regime illiberale e sempre più autoritario dell’attuale primo ministro subirebbero il colpo di grazia.

I partner internazionali forse sono rassicurati dall’orientamento filoeuropeo e atlantista di Márki-Zay, ma dovrebbero anche essere consapevoli delle preoccupazioni che lo circondano.

Il jolly della politica ungherese sta alzando la posta in gioco, sia per Orbán sia per l’opposizione unita.

Con lui come leader, i partiti democratici hanno forse la loro migliore possibilità degli ultimi dieci anni di vincere le elezioni. Ma rischiano anche di schiantarsi sugli scogli, senza alcun soccorritore all’orizzonte. ◆ ff

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1435 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati