Il 16 maggio si è compiuto un anno dall’elezione dell’assemblea costituente in Cile. E non c’era aria di festeggiamenti. L’entusiasmo si è gradualmente spento lasciando spazio all’indifferenza. La bozza della nuova costituzione è pronta. Ora manca solo il lavoro di tre commissioni: quella per l’armonizzazione, che dovrà mettere insieme le diverse tessere per farne un testo coerente; quella per le norme transitorie, che definirà la transizione tra il vecchio e il nuovo regime; e quella del preambolo, che aggiungerà un testo iniziale a una bozza troppo retorica.

Volendo fare un bilancio di questi 365 giorni, possiamo dire che la convenzione non ha saputo tenere viva la fiducia dei cileni. Un anno fa, secondo il sondaggio Cadem, il 63 per cento dei cittadini credeva nell’assemblea. Al contrario dell’élite politica tradizionale, l’assemblea somigliava di più al Cile reale: metà delle costituenti erano donne; l’età media era 45 anni; due su tre avevano studiato in scuole pubbliche o parificate; molti avevano fatto studi di livello superiore, ma vivevano in mondi diversi da quello della cerchia di potere di Santiago. Quell’immedesimazione è venuta meno: oggi solo il 25 per cento dei cileni approva l’operato dell’assemblea.

In parte è a causa degli eccessi, delle eccentricità e degli errori di alcuni costituenti. Per la pandemia, il poco tempo e la superbia di qualcuno l’assemblea si è chiusa nella sua torre di cristallo e ha perso il contatto con i cittadini. Il grande dialogo nazionale necessario per arrivare a un patto sociale non c’è stato. A questo si è aggiunta una sistematica campagna di disinformazione sul testo costituzionale.

Ma il problema è più profondo. La valutazione dei cileni sui componenti dell’assemblea, a prescindere dai loro comportamenti, non è migliore di quella riservata ai senatori o ai deputati. Lo stesso presidente Gabriel Boric (sinistra), arrivato da poco al potere con le elezioni più partecipate della storia della repubblica, ha visto la sua popolarità diminuire a tempo di record.

In discussione c’è l’idea stessa di rappresentanza. I cittadini non sono disposti a delegare il loro potere a un presidente. Non importa se sia vecchio o giovane, se abbia esperienza o sia alle prime armi, se faccia parte dell’élite o del popolo: viene investito dalla diffidenza appena indossa la veste dell’autorità. È un fenomeno mondiale: i cittadini respingono qualsiasi mediazione come un tranello.

Da sapere
Verso il voto

◆ Il 4 settembre 2022 la nuova costituzione cilena sarà sottoposta a un referendum. Tutti i cittadini maggiorenni dovranno votare per decidere se approvare o respingere la carta che è stata scritta dall’assemblea costituente eletta nel maggio del 2021.


Luci e ombre

Ma questo significa che la costituzione è condannata al fallimento? Non è detto. Due terzi dei costituenti hanno svolto il compito che gli era stato affidato. Le idee più radicali, che in questi mesi hanno fatto discutere, sono rimaste fuori dal testo finale. Come ha detto Máximo Pacheco, presidente dell’azienda statale Codelco, su alcune questioni economiche come il diritto alla proprietà il testo “è a destra di molte costituzioni europee, come quella tedesca”. Su temi sociali come la sanità o le pensioni sono state eliminate le storture lasciate dall’epoca della dittatura di Pinochet, ma spetterà ai legislatori mettere a punto il funzionamento dei nuovi sistemi.

Lo stesso sondaggio Criteria che dà in vantaggio il no al referendum di settembre indica che la maggioranza dei cileni pensa che, se vincerà il sì, “saranno garantiti i diritti sociali”, “la democrazia funzionerà meglio” e “tornerà a crescere l’economia”. Il trionfo del no, invece, è associato a “delusione e frustrazione” e a “un modello economico più ingiusto”.

Tra un po’ di tempo sarà possibile analizzare i meriti, le luci e le ombre della nuova costituzione. ◆ fr

Daniel Matamala è un giornalista cileno nato nel 1978. Lavora per Cnn Chile.

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Questo articolo è uscito sul numero 1462 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati