Il quarterback Patrick Mahomes ha guidato per due volte i Kansas City Chiefs alla vittoria nel Super Bowl, la competizione più importante del football statunitense. Sebbene la maggior parte dei fan abbia gli occhi puntati sulla palla mentre Mahomes si prepara a lanciare, la sua lingua fa qualcosa di altrettanto interessante. Proprio come faceva la star del basket Michael Jordan quando saltava per una schiacciata, e come fanno spesso i giocatori di freccette quando prendono la mira, subito prima di passare Mahomes tira fuori la lingua. Secondo alcuni scienziati forse è qualcosa di più di una stranezza. Sporgere la lingua potrebbe migliorare la precisione dei movimenti della mano.

Un piccolo ma crescente gruppo di ricercatori è affascinato da un organo che spesso diamo per scontato. Raramente pensiamo a quanto deve essere agile la nostra lingua per formare parole o evitare di morderci mentre mastichiamo il cibo prima di deglutirlo. Ma questo è solo un aspetto della sua versatilità in tutto il regno animale. Senza lingua, esisterebbero ben pochi vertebrati terrestri, forse nessuno. I primi dei loro antenati a strisciare fuori dall’acqua, circa 400 milioni di anni fa, trovarono moltissime nuove cose da mangiare, ma ci voleva la lingua per poterle assaggiare. La gamma di cibi che avevano a disposizione si ampliò man mano che le lingue si diversificarono e alla fine assunsero funzioni che andavano oltre l’alimentazione.

“L’incredibile varietà di forme della lingua nei vertebrati è piena di esempi di adattamento sorprendenti e quasi inverosimili”, afferma Kurt Schwenk, un biologo evoluzionista dell’università del Connecticut, negli Stati Uniti. Salamandre che usano lingue appiccicose più lunghe del loro corpo per catturare gli insetti, serpenti che “annusano” l’ambiente circostante con la punta della lingua biforcuta, colibrì che succhiano nettare dal fondo dei fiori, pipistrelli che schioccano la lingua per usare l’ecolocalizzazione: sono la dimostrazione che quest’organo ha permesso ai vertebrati di sfruttare ogni angolo della Terra. Negli esseri umani ha ancora più funzioni. “È incredibile quello che facciamo con la lingua: mangiare, parlare, baciare”, afferma Jessica Mark Welch, ecologa del Forsyth institute, in Massachusetts. “È una componente fondamentale dell’essere umano”.

Gestire queste funzioni ha stimolato l’espansione della capacità cerebrale, permettendoci non solo di lanciare la palla con precisione, ma forse anche di pensare e stare in piedi. “L’idea è che se puoi afferrare con la lingua, puoi afferrare con le mani, e anche con il pensiero”, dice Ian Whishaw, un neuroscienziato dell’università di Lethbridge, in Canada. “Forse ne siamo consapevoli a livello intuitivo quando usiamo espressioni come ‘sulla punta della lingua’ e ‘mordersi la lingua’”.

Ipotesi evolutive

Eppure, come si siano formate le lingue “è uno dei più grandi misteri della nostra storia evolutiva”, afferma Sam Van Wassenbergh, un esperto di morfologia funzionale dell’università di Anversa, in Belgio. Come altri tessuti molli, le lingue sono raramente conservate nei fossili. Dato che sono nascoste all’interno della bocca, non sono facili da osservare. Nell’ultimo decennio, tuttavia, nuove tecnologie hanno permesso di studiare la lingua in azione in diversi gruppi di animali. Questo lavoro sta cominciando a produrre nuove ipotesi sulle traiettorie evolutive dell’organo e su come abbiano alimentato un’ulteriore diversificazione. Kory Evans, un biologo evoluzionista della Rice university, in Texas, dice che più i biologi imparano, più si convincono che “le lingue sono davvero fantastiche”.

La lingua è sempre stata una cosa difficile da definire. Sebbene esistano strutture simili a lingue praticamente in tutti i vertebrati, dalle lamprede ai mammiferi, “non c’è una definizione chiara di cosa sia una ‘vera lingua’”, afferma Daniel Schwarz, un biologo evoluzionista del Museo di storia naturale di Stoccarda, in Germania. Tendiamo a pensare alla lingua come a qualcosa di morbido, muscoloso e flessibile, come la nostra. La lingua umana è un idrostato muscolare, che, come un palloncino pieno d’acqua, quando cambia forma deve mantenere lo stesso volume complessivo. Quindi, quando Mahomes la tira fuori, la sua lingua diventa più sottile rispetto a quando è chiusa nella bocca. Lo stesso vale per la lingua viola di una giraffa quando si allunga di 46 centimetri per strappare le foglie dal ramo spinoso di un albero.

Ma nel regno animale ci sono anche casi meno chiari. Anche l’organo palatale di alcuni pesci può essere un fascio di muscoli, ma i biologi sono divisi sul fatto che debba essere considerato una lingua. “Invece che nella parte inferiore della bocca, è nella parte superiore”, afferma Patricia Hernandez, studiosa di morfologia funzionale della George Washington university, negli Stati Uniti. E sebbene siano state fatte molte ipotesi, nessuno conosce davvero la funzione di questo organo, aggiunge.

Infatti i pesci non hanno bisogno di una lingua come la nostra per ingoiare il cibo. Possono servirsi della suzione: spalancano le mascelle, allargano la gola e pompano l’acqua attraverso le fessure branchiali per creare una corrente che trasporta il cibo all’interno.

Ma “appena gli animali mettono la testa fuori dall’acqua, la suzione diventa inutile”, dice Schwenk, che ha dedicato la sua carriera allo studio delle lingue degli animali. Una volta che queste creature sono approdate sulla terra, “avevano bisogno di qualcosa che prendesse il posto dell’acqua” per attirare la preda nella loro gola, e l’aria non è abbastanza densa.

Per milioni di anni, i primi animali terrestri probabilmente sono tornati nell’oceano per ingoiare le prede catturate sulla terraferma. Alcuni potrebbero aver tenuto la testa alta e lasciato che ci pensasse la gravità, come fanno molti uccelli di oggi. Ma le basi di un nuovo modo di nutrirsi erano già presenti nell’anatomia dei pesci: una serie di ossa curve chiamate archi branchiali e i loro muscoli di sostegno. Nei pesci gli archi branchiali formano le mascelle, l’osso ioide che sostiene la parte posteriore della mascella e lo scheletro che forma la gola e le fessure branchiali. Quando si nutrono, i muscoli che sostengono queste strutture provocano la suzione abbassando e ritraendo lo ioide e allargando le fessure branchiali per aspirare l’acqua. Agli specialisti della lingua questi movimenti sembrano familiari. “Il movimento dello ioide per produrre la suzione è molto simile al movimento della lingua avanti e indietro per ingerire una preda”, spiega Schwenk.

Schwenk e Van Wassenbergh pensano che nei primi vertebrati terrestri gli archi branchiali e i relativi muscoli abbiano cominciato a modificarsi per formare una “protolingua”, forse un cuscinetto muscolare attaccato allo ioide che batteva quando quello si muoveva. Nel corso del tempo, quel cuscinetto diventò più lungo, più controllabile e più abile nell’afferrare e ingerire la preda.

Sulla base di esperimenti condotti sui tritoni, Schwarz pensa che una protolingua sia diventata funzionale anche prima del passaggio sulla terraferma. Come altre salamandre, i tritoni sono acquatici da giovani, ma per lo più terrestri da adulti. La loro metamorfosi, e il cambiamento nelle strategie alimentari che l’accompagna, potrebbero essere simili alle transizioni dall’acqua alla terraferma avvenute centinaia di milioni di anni fa.

Schwarz e il suo team hanno scoperto che prima di trasformarsi in adulti i tritoni sviluppano un’appendice simile a una lingua che preme il cibo contro “denti” affilati e aghiformi collocati sul palato. Questo suggerisce che una struttura simile a una lingua potrebbe aver aiutato i primi tetrapodi a nutrirsi, anche prima che si avventurassero sulla terraferma.

Alimentazione balistica

Le esigenze dell’alimentazione possono aver provocato la comparsa della lingua, ma la selezione naturale l’ha poi adattata e affinata per una miriade di altri scopi, a volte creando “sistemi specializzati stranissimi”, dice Schwenk. Per esempio, le salamandre del genere Hydromantes tirano fuori la loro lingua appiccicosa per catturare insetti o altri piccoli artropodi, proiettando fuori dalla bocca l’intero scheletro della gola. Questo modo di alimentarsi implica la riorganizzazione dei muscoli della gola: una parte immagazzina energia elastica che può essere rilasciata istantaneamente per far uscire la lingua, e un’altra la riavvolge.

Whishaw ha individuato una regione “oromanuale” nel cervello

Altre salamandre, almeno 7.600 specie di rane e rospi, così come i camaleonti e altre lucertole, hanno sviluppato indipendentemente forme estreme di questo tipo di alimentazione “balistica”. I camaleonti, per esempio, lanciano la lingua a una velocità di quasi cinque metri al secondo, catturando i grilli in meno di un decimo di secondo.

L’alimentazione balistica ha richiesto anche un adattamento della superficie della lingua e della saliva che la riveste. L’abbondante saliva appiccicosa emessa da sporgenze appena visibili chiamate papille può contribuire a rendere la lingua di alcune rane così appiccicosa da catturare prede il 50 per cento più pesanti di loro. La saliva ricopre le papille, che possono agire come minuscole dita appiccicose per afferrare la preda, hanno scritto David Hu, un ricercatore di biomeccanica del Georgia institute of technology, e i suoi colleghi nel 2017.

Le lucertole cornute (Frinosoma) usano la lingua ricoperta di saliva non solo per afferrare le prede, ma anche per proteggersi da loro. Le formiche di cui si nutrono mordono e sono particolarmente velenose, ma le lucertole le ingoiano vive. Nel 2008 Schwenk ha scoperto che spessi filamenti di muco secreti dalle papille della lingua e della gola paralizzano le prede pericolose. Più di recente, il biologo ha scoperto che nelle lucertole cornute i muscoli che di solito compongono i lati della lingua sono attaccati solo nella parte posteriore. L’evoluzione ha riconfigurato le parti libere dei muscoli in creste laterali, probabilmente per creare una tasca mucosa con cui tenere ferme le formiche prima di deglutire.

Mentre la lingua di molte rane e lucertole è stata messa a punto per catturare la preda e farla scendere nella gola, quella dei serpenti si è evoluta per garantire un fine senso dell’olfatto, che consente ai rettili di rilevare la presenza di animali lontani o nascosti e avvicinarsi di soppiatto. Le differenze nelle concentrazioni di un odore percepito da ogni punta della lingua biforcuta di un serpente lo aiutano a individuare una preda che non può vedere. Le specie che cacciano sia nell’acqua sia nell’aria, come il serpente d’acqua del nord (Nerodia sipedon), modificano i movimenti della lingua a seconda che la testa sia sott’acqua, in superficie o in aria, hanno scritto Schwenk e il suo ex studente William Ryerson in un articolo pubblicato su Integrative and Comparative Biology. Sembra che regolino l’oscillazione per ottimizzare la raccolta di molecole di odore in diverse condizioni.

Le lucertole cornute usano la lingua per proteggersi dai morsi delle prede

Dopo aver studiato la morfologia, la fisiologia e i movimenti della lingua di decine di specie di rettili, Schwenk è sbalordito da quanto rivelano sullo stile di vita di un animale. “Se mi mostri la lingua, posso dirti un sacco di cose”, afferma.

Pompe e pennelli

L’evoluzione della lingua ha aiutato rettili e anfibi a catturare animali, ma negli uccelli alcuni degli adattamenti più stravaganti sono rivolti alle piante. Nella maggior parte degli uccelli la lingua è un frammento rigido di cheratina (come le unghie) o di osso, con pochi muscoli o altri tessuti vivi. “Sono solo un nastro trasportatore per muovere il cibo dalla parte anteriore a quella posteriore” della bocca, afferma Schwenk. Ma ci sono delle eccezioni, in particolare nei colibrì e in altre specie che si nutrono di nettare. “La lingua è probabilmente il componente più importante per cibarsi di nettare”, afferma David Cuban dell’università di Washington, a Seattle, che lavora con l’ecofisico comportamentale Alejandro Rico-Guevara.

Il nettare è molto nutriente e facile da trovare. Ma ogni fiore ne contiene solo una goccia o poco più, spesso nascosta in fondo a un canale lungo e stretto. Molti colibrì che si nutrono di nettare, i nettarinidi e altre specie di uccelli non imparentati con loro superano questo problema grazie a dimensioni molto ridotte (di solito pesano meno di 20 grammi), becchi lunghi e sottili e lingue altamente specializzate.

Prima i ricercatori pensavano che per succhiare il nettare questi uccelli sfruttassero la capillarità, la tendenza di un liquido a scorrere verso l’alto in un tubo stretto. E alcuni lo fanno, tra cui il mangiamiele pezzato (Certhionyx variegatus), come hanno scoperto Amanda Hewes, una studente di Rico-Guevara, e i suoi collaboratori. In questa specie, la lingua ha una punta simile a un pennello con cui raccoglie il nettare, che viene poi aspirato all’interno lungo scanalature che corrono per tutta la sua lunghezza.

Edypamungkas, Getty

Ma per i colibrì la capillarità non è sufficiente, dice Rico-Guevara. Il suo team ha girato alcuni video ad alta velocità mentre gli uccelli si posavano su fiori artificiali trasparenti carichi di nettare artificiale. E hanno scoperto che la lingua del colibrì funziona come una minuscola pompa. Due scanalature che intrappolano il liquido partono dalla punta e arrivano fino a metà della lingua. Quando la punta del becco si chiude, spreme il nettare contenuto nelle frange che si trovano nella parte anteriore della lingua, spingendolo verso l’interno.

Ultimamente, l’ecofisico e i suoi collaboratori hanno rivolto la loro attenzione ai pappagalli. Lungo trenta centimetri e pesante cento grammi, il lorichetto arcobaleno è più grande della maggior parte degli uccelli nettarivori e non è capace di librarsi a mezz’aria come un colibrì. Ha il tipico becco corto, robusto e adunco dei pappagalli e una lingua muscolosa simile alla nostra. Ma Rico-Guevara e Cuban hanno individuato adattamenti che consentono a questo animale di cibarsi di nettare.

Tanto per cominciare, prende di mira fiori più piatti e aperti. E invece di librarsi, atterra su un ramo vicino e si curva sul fiore. Poi apre il becco e tira fuori la lingua, che per infilarsi nel fiore subisce una trasformazione sorprendente: la punta, dura e ruvida, si apre in una serie circolare di piccole protrusioni. Queste sporgenze funzionano come le setole di un pennello per raccogliere il nettare.

Una mano nella bocca

Cuban, Hewes e Rico-Guevara sperano di comprendere come le strategie alimentari di questi uccelli possono aver plasmato la loro evoluzione e quella delle piante di cui si nutrono. Da quando sono comparsi 22 milioni di anni fa, per esempio, i colibrì hanno influito sulla quantità di nettare prodotta dalle loro piante preferite e sulla profondità dei loro fiori, e questo a sua volta ha influito sulla lunghezza del becco dei colibrì e altri tratti evolutivi. È una danza coevolutiva tra uccelli e fiori, mediata dalla loro lingua.

Un gabbiano tridattilo alle isole Svalbard, Norvegia (Loic Poidevin, Nature picture library)

Ma è nei mammiferi che la lingua mostra la sua massima versatilità. Si è evoluta in un’intricata rete di fibre muscolari in grado di muoversi in modo complesso anche senza ossa, tendini o articolazioni. Nella maggior parte delle specie facilita l’allattamento, in alcune contribuisce alla regolazione della temperatura (pensate a un cane che ansima) e in altre svolge compiti ancora più specializzati, come la produzione dei suoni usati dai pipistrelli per l’ecolocalizzazione e il linguaggio degli esseri umani. Ospita anche le papille gustative che rendono piacevole mangiare. “La lingua dei mammiferi fa grandi cose”, dice Hu. “Non ha mai ricevuto molta attenzione solo perché è meno accessibile delle appendici esterne di un animale”.

Il compito più essenziale della lingua nei mammiferi è posizionare il cibo perché possa essere masticato e deglutito. A seconda delle specie, questo può significare spostarlo da un lato all’altro della bocca o tenerlo da un solo lato, proteggendo la lingua dai denti che masticano. Quindi, con l’aggiunta della saliva, la lingua modella il cibo trasformandolo in un bolo arrotondato che può attraversare facilmente la gola. Infine lo spinge indietro perché possa essere deglutito, assicurandosi che non sconfini nelle vie aeree. In un certo senso, la lingua è diventata una “mano della bocca”, dice il biologo J.D. Laurence-Chasen.

Tutto questo lavoro consente ai mammiferi di digerire il cibo in modo più rapido ed efficiente, e quindi ricavare più nutrimento rispetto alla maggior parte degli altri animali. Questo vantaggio ha determinato altri progressi evolutivi, come un più alto tasso di attività metabolica, gravidanze più lunghe e un cervello più grande. Callum Ross, un biomeccanico e neurobiologo dell’università di Chicago, considera l’origine della masticazione una delle tre transizioni evolutive rese possibili dalla lingua che hanno cambiato il corso della storia, insieme al passaggio dall’acqua alla terraferma e all’origine del linguaggio.

Fino a poco tempo fa, i ricercatori non riuscivano a capire precisamente come la lingua agisca sul cibo perché erano ostacolati dalla presenza di labbra, guance e denti. Ma recentemente il gruppo di Ross ha usato una tecnica chiamata ricostruzione a raggi X della morfologia in movimento (Xromm) che consiste nella registrazione a raggi X dei movimenti di minuscole sfere impiantate chirurgicamente nella lingua per poi ricostruirli in animazioni in 3d.

Tambako the Jaguar, Getty

Nei loro esperimenti con opossum e scimmie, le telecamere hanno catturato simultaneamente immagini da diverse angolazioni mentre un animale mangiava o beveva, e l’animazione ha consentito ai ricercatori di vedere come si muove la lingua rispetto alle mascelle e ai denti. Confrontando i movimenti della lingua in diverse specie, gli scienziati sperano di capire come le sue specializzazioni possano aver contribuito all’evoluzione del comportamento e delle preferenze alimentari di ciascun animale.

Più recentemente, Laurence-Chasen e Ross hanno collaborato con altri ricercatori per combinare l’analisi Xromm con le registrazioni dell’attività neurale delle scimmie. Sperano che questi studi rivelino come il cervello coordina i complessi movimenti della lingua coinvolti nell’alimentazione, nel bere e forse anche nelle vocalizzazioni. In un esperimento, hanno monitorato con degli elettrodi una regione di corteccia cerebrale delle dimensioni di una monetina situata dietro la tempia, mentre le scimmie mangiavano chicchi d’uva. Questa regione contiene sia i neuroni sensoriali che ricevono input dalla lingua e dalla bocca sia i motoneuroni che inviano segnali per controllare il movimento della lingua. I ricercatori hanno così scoperto che lo schema di attivazione dei motoneuroni prevede con precisione i cambiamenti di forma della lingua.

Alle origini del pensiero

I risultati di questa ricerca capovolgono l’ipotesi un tempo prevalente che la masticazione, come il camminare, sia controllata principalmente dal tronco encefalico. Anche la corteccia è molto coinvolta, e garantisce che la lingua “sia capace di deformazioni complesse e asimmetriche” che si adattano immediatamente a orsetti gommosi, bistecche e frappè, spiega Laurence-Chasen.

Whishaw si chiede se l’agilità della lingua umana possa aver reso possibile un controllo più preciso delle nostre mani e perfino della nostra mente. La sua curiosità è stata stuzzicata da una scoperta inaspettata. Il suo team aveva insegnato a un gruppo di topi a usare le zampe invece della bocca per raccogliere la frutta e aveva notato che mentre allungavano le zampe alcuni di loro tiravano fuori la lingua.

Whishaw, il neurobiologo della Duke university Xu An e i loro colleghi hanno individuato quella che chiamano la regione “oromanuale” della corteccia, un’area precedentemente inesplorata che controlla sia le mani sia la lingua. Whishaw pensa che negli esseri umani esista una regione del cervello simile, che potrebbe spiegare perché tante persone gesticolano mentre parlano, perché i bambini che imparano a scrivere spesso storcono la lingua mentre le loro dita formano le lettere e anche perché Mahomes tira fuori la lingua prima di un passaggio. Sospetta che molte persone muovano la lingua quando stanno per usare le mani, ma poiché la bocca rimane chiusa, nessuno lo sa esattamente.

Una regione cerebrale comune per le mani e la lingua ha perfettamente senso dal punto di vista evolutivo, dice Whishaw. Nei primi animali terrestri, una lingua agile era essenziale per nutrirsi.

In seguito, quando alcune specie hanno cominciato ad afferrare il cibo con gli arti, l’evoluzione potrebbe aver sfruttato gli stessi circuiti cerebrali che guidano la lingua per coordinare i movimenti delle mani. Il neuroscienziato ipotizza quindi che comportamenti ancora più complessi, come il pensiero, potrebbero essere nati dalle capacità cerebrali che inizialmente si erano evolute per coordinare la lingua: “Per quanto folle possa sembrare, penso che la lingua sia il centro del nostro essere”. ◆bt

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Questo articolo è uscito sul numero 1547 di Internazionale, a pagina 58. Compra questo numero | Abbonati