Per proseguire il clima delle feste, nulla di meglio di questo graphic novel di Otto Gabos (un estratto è stato pubblicato sul numero 1491 di Internazionale). Si respira semplicità, genuinità, umanità e una disposizione molto positiva verso la vita e il futuro malgrado sia impregnato di una dolce malinconia. La malinconia è anzi il nutrimento, la sostanza di questo secondo volume, sottotitolato Empire state, in maniera ancor più marcata rispetto al primo, Atlantica, del 2016. Misto di fiction, reportage poetico e autobiografia come in Atlantica, insieme coprono vent’anni d’immigrazione di una coppia giunta negli Stati Uniti poco dopo l’11 settembre, come a voler rilanciare il futuro. Lo scontro tra realtà e mondo ideale, tra l’immaginario e il concreto, fa sì che il clima onirico continui anche dopo il sogno-incubo d’apertura. La paternità, nei ricordi, era vissuta come una grande incognita, che assurge a metafora della vita. Ma il presente, con il figlio ormai adolescente, è la certezza che àncora l’essenza dell’essere alla gioia della vita, malgrado i lutti, la vecchiaia, il declino di esseri umani minuti, fragili, che Gabos sembra quasi voler proteggere. Delineando un affresco della memoria, il viaggiatore-autore si spinge qui, prima che nei luoghi, nell’esistenza. E i luoghi sono più un tramite quasi metafisico, una porta che apre all’amore verso i fantasmi. Quelli del passato e quelli del presente. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1493 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati