Tutti ormai sappiamo cos’è l’antropocene, e che c’è il serio pericolo che si tratti dell’ultima epoca a cui assisterà la specie umana. Ma se guardiamo lo spazio che occupa sulla “carta cronostratigrafica internazionale” (lo schema che i geologi usano per datare le varie epoche che la Terra ha vissuto) ci rendiamo conto di quanto sia assurdamente breve rispetto ai tempi che l’hanno preceduto.
Secondo Helen Gordon, scrittrice e giornalista scientifica, la geologia insegna proprio quanto il tempo è lungo. Le rocce, che ormai siamo in grado di leggere e datare, testimoniano mondi scomparsi ed evocano tempi lontani quasi impossibili da concepire. Per aiutarci, Gordon ci mette in contatto con luoghi connessi a grandi scoperte geologiche relative a epoche lontanissime (Siccar Point, in Scozia, dove il geologo James Hutton intuì quando e come la Terra si era formata, o i Campi Flegrei, studiati dai vulcanologi) e poi lentamente racconta altri posti, oggetti o persone, per risalire a epoche più recenti, quelle in cui si è formata la vita delle piante e degli animali.
Più che una sintesi delle conoscenze disponibili, questo libro è un invito a pensare come geologi, per esempio osservando le città attraverso le rocce di cui sono fatte per capire da dove sono arrivate, quando e perché, magari con la speranza di trasmetterle ai posteri. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1459 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati