“No rigassificatore”, questo è il messaggio affisso su diverse vetrine di Piombino, dai negozi di biancheria intima alle farmacie. “La città non vuole nessun rigassificatore, nessun impianto siderurgico, nessun rifiuto industriale”, spiega la voce proveniente da un megafono installato sul tetto di un’auto che avanza a passo d’uomo.

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Tra la folla del mercato una famiglia tedesca alza lo sguardo sorpresa, cercando di capire da dove arrivi la voce. Piombino non fa parte di quella Toscana che accoglie un flusso inesauribile di turisti, ma da qui passano molti vacanzieri. Di solito non vengono per il centro storico appena riqualificato, né per il mare trasparente e luccicante o le spiagge di ciottoli, bensì per il piccolo porto, dal quale ogni giorno partono decine di traghetti per l’Elba, la Sardegna e la Corsica.

Da marzo il traffico marittimo dovrebbe cambiare, prevede Alessandro Dervisci, settant’anni, chirurgo in pensione e ora attivista, se a poche centinaia di metri dal porticciolo turistico comparisse il rigassificatore galleggiante. Per motivi di sicurezza con la procedura di rifornimento s’interromperebbero altre attività. La scelta di Piombino è legata alla prossimità del gasdotto, che si trova a soli otto chilometri di distanza.

Una scelta folle, secondo Dervisci, anche se i traghetti turistici sono la sua ultima preoccupazione. La sua vera paura è che la piattaforma, una mega nave lunga trecento metri e larga quaranta, inquini e danneggi la sua città natale, che negli anni ha già sofferto. L’inquinamento, infatti, è un problema che Piombino conosce bene. Nel 2014 l’acciaieria locale fu chiusa e ora è in stato di abbandono, a poca distanza dalla cittadina, abitata da 34mila persone. Anche qui, come in altri centri abitati vicini a impianti siderurgici, la comparsa di alcune forme di tumore e di deformazioni durante la gravidanza è più frequente del solito. Gli ex terreni industriali e la zona costiera devono ancora essere bonificati. Il governo ha stanziato dei fondi, ma al momento è tutto fermo o quasi. Se a questo si aggiunge la discarica industriale, anch’essa chiusa da anni, non sorprende che l’idea di un nuovo impianto incontri la resistenza dei cittadini.

“L’installazione del rigassificatore a Piombino deve essere ultimata entro primavera”, ha dichiarato il presidente del consiglio Mario Draghi il 20 luglio. “Non è possibile affermare di volere la sicurezza energetica degli italiani e poi, allo stesso tempo, protestare contro queste infrastrutture. È una questione di sicurezza nazionale”. Il governo Draghi è caduto il giorno dopo, ma a Roma quasi ogni partito continua a sostenere la necessità del rigassificatore di Piombino.

Oltre a un importante pacchetto di misure a sostegno dei cittadini (17 miliardi di euro) per fronteggiare l’aumento delle bollette del gas, e a una tassa speciale sui profitti delle aziende del settore energetico, l’Italia sta puntando sulla diversificazione delle fonti di energia. Fino a poco tempo fa era il paese europeo che dipendeva di più dal gas russo dopo la Germania, ma dall’invasione dell’Ucraina il governo Draghi sta cercando in tutto il mondo alternative per l’approvvigionamento. Ecco perché l’Eni ha firmato in Qatar un accordo per avere del gas naturale liquefatto (Gnl), che poi verrebbe trasformato allo stato gassoso nell’impianto di Piombino.

Aggirare le regole

Molti politici accusano gli abitanti di soffrire della sindrome nimby: not in my backyard (non nel mio giardino). “O pigli il rigassificatore a Piombino o batti i denti senza riscaldamento”, ha affermato l’esponente centrista ed ex presidente del consiglio Matteo Renzi. Al mercato di Piombino Roberta Degana, 59 anni, ride sprezzante di quelle parole. Lì, in un gazebo bianco, da mesi sta raccogliendo firme contro il rigassificatore insieme a Dervisci e ad altri attivisti. Il gazebo è molto frequentato, Degana riceve incoraggiamenti e pacche sulle spalle. “In ogni caso il rigassificatore lo installeranno solo ad aprile, quindi il prossimo inverno non c’entra nulla”, risponde lei veemente alle parole di Renzi. Sì, c’è un problema, riconosce la donna, ma secondo lei Roma sta scaricando su Piombino i propri fallimenti. “Per anni non si sono occupati della politica energetica e hanno investito troppo poco nelle rinnovabili”. Ora questa crisi è usata come pretesto per aggirare le procedure ambientali e di sicurezza, sostiene Degana. E in effetti, in una lettera indirizzata alla Commissione europea, il ministro per la transizione ecologica Roberto Cingolani ha annunciato che, vista la sua natura urgente, il progetto sarà esentato dall’applicazione delle disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale.

Nuove manifestazioni

Dervisci non crede che il rigassificatore galleggiante risolverà il problema del caro bollette, anche se una volta a pieno regime potrebbe coprire il 6,5 per cento del fabbisogno italiano di gas. “Le bollette aumenteranno comunque”, prevede, “stiamo barattando la dipendenza dalla Russia con quella dal Qatar”.

Mario Draghi non è ben visto al mercato di Piombino, essendo il primo sostenitore del rigassificatore. Dervisci però gli riconosce di aver tentato d’introdurre un tetto europeo al prezzo del gas, “solo che i Paesi Bassi non hanno voluto”. Mentre a Roma il rigassificatore è considerato una cosa fatta, i politici locali sostengono la mobilitazione. Durante le manifestazioni a fine luglio erano in corteo insieme quasi tutti: dalla sinistra al sindaco di Fratelli d’Italia, racconta Dervisci.

Gli attivisti ancora non sanno chi voteranno il 25 settembre, ancora non lo sanno perché a livello nazionale sono pochi i partiti che condividono la loro posizione. Anche se sembra una battaglia persa, la città sta preparando nuove manifestazioni. Degana risponde anche a chi accusa i cittadini di Piombino di pensare solo a loro se stessi: “Nessuno dovrebbe trovarsi un rigassificatore nel giardino di casa”. ◆ fpa

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Questo articolo è uscito sul numero 1477 di Internazionale, a pagina 38. Compra questo numero | Abbonati