Con la nuova legge sull’autodeterminazione, che sostituisce la legge sulla transessualità del 1981, lo stato e la società tedesca riconoscono finalmente a queste persone il rispetto che meritano. Grazie alla nuova legge basterà andare una sola volta nell’ufficio preposto per farsi cambiare sesso e nome sul passaporto. Si tratterà quindi di un atto amministrativo e non di un provvedimento di natura medica. A quale sesso ci si sente di appartenere non lo determinerà più un medico, uno psicoterapeuta o lo stato, ma la persona stessa. I minori di quattordici anni avranno bisogno del consenso dei genitori e in caso di conflitti decideranno i tribunali.

A questo punto gli ostacoli burocratici dovrebbero essere in gran parte eliminati. In base alla legge in vigore finora bisognava presentare due perizie psicologiche. Queste certificazioni costano molto, hanno lunghi tempi di lavorazione e prevedono a volte umilianti domande intime. La nuova legge ha suscitato scetticismo: c’è chi la critica perché teme che qualcuno possa approfittarne, anche se non è chiaro in che modo. Il fatto è che solo il diretto interessato può dire cosa prova. So solo io se credo in dio, se mi sento aggredita, da chi sono attratta. E lo stesso vale per la mia identità di genere.

Il numero di persone che chiede di cambiare sesso sui documenti aumenta ogni anno. Non ha nulla a che vedere con il fatto che tutt’a un tratto è diventato conveniente o alla moda essere trans. Al contrario, queste persone sono esposte alla discriminazione, alle molestie e alle aggressioni tanto quanto prima. In molti riferiscono di umiliazioni subite a causa del linguaggio del corpo o del modo di parlare, fino all’emarginazione o a subire crimini d’odio.

Persone trans, o che non sentono di appartenere ad alcun genere, ci sono sempre state. Ma con una crescente accettazione sociale, ora finalmente si sentono più sicure nell’uscire allo scoperto. ◆ mp

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Questo articolo è uscito sul numero 1468 di Internazionale, a pagina 15. Compra questo numero | Abbonati