Alba Rodríguez potrebbe aver battuto un record. Negli ultimi anni quest’infermiera che vive in Galizia ha collezionato 404 contratti di lavoro. “La maggior parte, 270 per essere precisi, duravano un solo giorno”. Così Rodríguez descrive la sua condizione ai microfoni della radio pubblica spagnola Rne. E questo succede nonostante in Spagna ci sia una carenza di personale sanitario.

La sua non è una storia isolata. Ogni mese le liste di collocamento spagnole registrano 1,5 milioni di nuovi contratti: solo un decimo di questi è a tempo indeterminato, e nella maggior parte dei casi la paga prevista è il salario minimo, che in Spagna dopo l’ultimo aumento è di mille euro al mese. Nel settore delle vendite al dettaglio esistono perfino contratti che durano solo alcune ore. Chi li rifiuta non viene più chiamato dai negozi.

Per i datori di lavoro lo scarso legame con i dipendenti non è un problema grave, visto che contratti simili gli permettono di risparmiare sui contributi per i fine settimana o i giorni di ferie. Questi rapporti atipici non proteggono chi lavora neanche dal licenziamento senza giusta causa. I più esposti a certi contratti, che in Spagna sono chiamati contratos basura (contratti spazzatura), sono i giovani. Un terzo di loro è ancora senza lavoro, anche se il tasso di disoccupazione nazionale è sceso al 13 per cento. Non sorprende quindi che, in media, ragazze e ragazzi spagnoli lascino la casa dei genitori a 29 anni, quattro anni più tardi rispetto alla media europea.

Ma ora il governo del premier Pedro Sánchez ha dichiarato guerra ai contratti atipici. Inoltre i giovani spagnoli dovrebbero essere i primi a beneficiare della prima congiuntura positiva che sta vivendo il paese da quando è scoppiata la pandemia. La coalizione al governo, che include anche Unidas podemos (Up), ha margini di manovra più ampi nel bilancio pubblico, anche grazie ai miliardi del Piano di ripresa e resilienza (Pnrr) dell’Unione europea.

Nell’ultimo anno l’economia spagnola è cresciuta del 5 per cento e il numero degli occupati è salito di 840mila unità, raggiungendo un totale di 20,2 milioni di persone, il dato più alto dal 2008. L’allentamento delle misure per contenere il covid-19 e il ritorno di una parte dei turisti hanno creato nuovi posti di lavoro nel settore dei servizi. Sono buone notizie, non c’è dubbio, ma l’economia non è ancora tornata ai livelli che c’erano prima della pandemia. Nonostante l’aumento dell’occupazione, per esempio, il totale delle ore di lavoro prestate resta più basso rispetto al 2019. Questo succede perché molte persone hanno contratti part-time o di lavoro interinale. Non a caso anche il pil è più basso del 4 per cento rispetto al 2019, ha spiegato l’economista Josep Oliver. Solo quando tornerà a pieno regime il settore del turismo, che in genere contribuisce al 12 per cento del pil, l’economia spagnola potrà raggiungere i livelli precedenti alla crisi.

Nell’ultimo anno poi si sono aperte nuove possibilità, soprattutto nell’assistenza sanitaria. Ma anche qui il numero di persone con contratti atipici è altissimo. Nella sola regione di Madrid, la più avanzata del paese dal punto di vista economico, 36mila persone tra medici e infermieri, cioè il 56 per cento del personale sanitario regionale, aspettano un contratto a tempo indeterminato.

Segnali di cambiamento

Per evitare che la crescita economica continui a basarsi su un esercito di lavoratori temporanei, alla fine di gennaio il governo ha negoziato un’ambiziosa riforma con le imprese e i sindacati. Ora i contratti a termine possono essere usati solo in alcuni casi, soprattutto per attività di carattere stagionale, come quelle del settore alberghiero o agricolo.

Si registrano già i primi segnali di cambiamento. A gennaio il numero di contratti a tempo indeterminato è salito a 238.672, il doppio rispetto allo stesso mese del 2021. Il governo, inoltre, ha deciso di investire undici dei 140 miliardi di euro del Pnrr nella digitalizzazione delle piccole e medie imprese. Ulteriori fondi saranno usati per il settore energetico e per la sanità e aiuteranno la transizione elettrica dell’industria automobilistica. ◆ nv

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Questo articolo è uscito sul numero 1450 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati