Quando il più piccolo degli alunni della prima elementare di una scuola di Ludbreg, città croata nella regione di Varaždin, si è infilato sotto il banco, la maestra Olja Dijanošić non aveva idea di cosa gli stesse succedendo. Il bambino continuava a ripetere medori đinc. Lei gli chiedeva di uscire da sotto il banco, ma senza grandi risultati.

Per scoprire perché il piccolo se ne stava accovacciato in quel modo e perché ripeteva piangendo medori đinc sempre più forte e con gli occhi spalancati, l’insegnante ha dovuto chiamare una ragazza rom di un’altra classe. Così ha scoperto che il bambino aveva mal di denti. In quel momento si è resa conto che per poter essere una brava maestra per i suoi alunni rom doveva conoscere almeno le basi della loro lingua, ma anche aiutarli a migliorare il loro croato.

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“Mi sono vergognata. Immaginatevi la situazione: prima elementare, un alunno m’implora e io non capisco nemmeno cos’ha. Così ho deciso d’imparare le basi della lingua romaní. Ho anche chiesto ai miei alunni cosa ne pensassero: erano felici. E siccome studiare con gli altri dà sempre buoni frutti, mi è venuto in mente che potevamo farlo insieme, io e loro. Tra l’altro, quando hanno cominciato a frequentare la scuola, per loro è stato difficile accettare il fatto di dover rispettare orari precisi, stare in un’aula per diverse ore, fare i compiti a casa. Ma è bastata questa mia proposta per conquistarli. Aiutando me a imparare il romaní, avrebbero appreso il croato più facilmente. Da qui è nata l’idea del vocabolario”, afferma Olja Dijanošić, che ha creato il primo dizionario illustrato croato-romaní per bambini.

Giovane ed entusiasta del suo lavoro d’insegnante, Dijanošić non ha perso tempo. Per cominciare ha preso foglietti colorati, ha scelto una trentina di parole, le ha scritte in croato e in romaní e ha chiesto ai bambini di giocare a rimetterle insieme.

È stata un’introduzione a quello che sarebbe seguito pochi mesi dopo. Giorno dopo giorno, Dijanošić ha raccolto materiale: durante la ricreazione, si sedeva accanto agli alunni mentre si cambiavano le scarpe per andare a giocare e si appuntava le parole che le suggerivano. “Ho collezionato molte parole, ma ne ho scelte poco più di duecento. Anche gli altri insegnanti hanno raccolto materiale. Il nostro obiettivo era creare un insieme di termini di uso frequente, quelli che ci servono ogni giorno a scuola”, spiega.

Per realizzare il progetto serviva che i bambini e le bambine rom rimanessero a scuola anche il pomeriggio. Le spese sono state coperte per i primi quindici mesi dall’Unione europea, poi dalla regione di Varaždin. Anche il ministero della scienza, dell’istruzione e dello sport croato ha partecipato con 100mila kune (equivalenti a circa 13mila euro). “Grazie al tempo pieno siamo riusciti a seguire alunni che la mattina sono sparsi in classi diverse”, osserva Dijanošić.

La preside della scuola di Ludbreg, Đurđa Kladić, ha accolto l’idea della maestra Olja con entusiasmo. “I bambini rom che hanno bisogno di lezioni aggiuntive di croato stanno aumentando, quindi questo dizionario è il benvenuto”, dice. La preside sa che la comunicazione potrebbe migliorare ancora di più, coinvolgendo i genitori. “I bambini vengono a scuola e si portano dietro le proprie abitudini. Per questo penso che dovremmo organizzare dei seminari per i genitori”.

Strada spianata

Il dizionario raggruppa le parole secondo la loro funzione. È diviso in 24 capitoli, per esempio “Questo sono io”, “Questa è la mia famiglia”, “Io vivo qui”, “Scuola”, “Numeri”, che danno agli alunni 250 parole sufficienti per la comprensione quotidiana. Olja Dijanošić sa che i bambini e le bambine, imparate le basi, avranno la strada spianata per apprendere ancora di più. Ogni capitolo ha delle illustrazioni. Sono disegni simpatici e colorati, fatti da Kevin Bogdan, un bambino rom di dodici anni. Per il suo contributo, Kevin ha ricevuto un portatile e un tablet per disegnare attraverso un programma dell’Unione europea.

Biografia

◆ 1990 Nasce a Ludbreg, nel nord della Croazia.
◆ 2015 Finisce l’università e comincia subito a lavorare nella scuola elementare della città, dove insegna ancora.
◆ 2021 Insieme agli alunni rom dell’istituto crea il primo dizionario illustrato croato-romaní per bambini, realizzato grazie a fondi locali e dell’Unione europea.


L’edizione del dizionario è curata, oltre che da Dijanošić, da Miroslav Vađunec, esperto in editoria del centro culturale di Ludbreg. Sono state stampate trecento copie e, se andrà tutto per il meglio, ci saranno versioni aggiornate.

Dato che in Croazia si parlano diversi dialetti romaní, Olja vuole entrare in contatto con gli insegnanti di tutto il paese e offrire traduzioni in tutte le varianti. La popolazione rom in Croazia si divide in due grandi gruppi etnolinguistici: i parlanti romaní e i bajaši, che parlano un dialetto romeno.

Visto che il croato non è la loro lingua madre, i bambini rom fanno fatica ad ambientarsi a scuola. “Stanno male e si sentono inferiori, così spesso formano gruppetti tra di loro. Se un bambino è l’unico rom della classe, si sente solo”, dice la maestra. “Ai genitori è piaciuta l’idea d’imparare insieme le lingue degli altri, quindi ora accettano più facilmente anche nuovi suggerimenti”, dice Dijanošić, contenta che i bambini siano riusciti a trovare una lingua comune.

Dominik Oršuš la ascolta con attenzione. È il più attento dei cinque allievi rom con cui parliamo. Provengono da due famiglie, Oršuš e Horvat, in cui in totale ci sono quattordici bambini e bambine. Sono di buon umore, la settimana di scuola è finita. Anche se sono quasi le tre del pomeriggio e uno dei papà, che accompagna a casa tutti e cinque, è già arrivato a prenderli, non hanno fretta. E poi sono felici di parlare. Rispondono alle domande e sorridono. Qualcuno ci dice che Dominik è ipovedente. Ma lui non vuole portare gli occhiali, dice che gli fanno gli occhi enormi, e a quanto pare sta aspettando di essere operato. È curioso e intelligente. Ha appena imparato la frase “La mamma fa una torta”. Da grande vuole fare il poliziotto.

Renato Horvat invece è in terza elementare. L’ultimo argomento che hanno trattato in classe è “Il guardaroba”. Gli chiediamo cosa vuol dire la parola štronfi e, mentre lui pensa alla risposta, gli altri gli suggeriscono čarape, cioè “calzini”. Ma sanno che la risposta giusta è un’altra: “mutande”. L’ennesimo scherzo, tutti si piegano dal ridere.

Renato vorrebbe fare lo chef: la cosa che ama di più è mangiare dolci. Ci dice che per conquistare una bambina che gli piace le farebbe una pizza. Anche Dominik sa cucinare, aiuta sua nonna.

A casa oltre a lui ci sono cinque bambini. Tutti – Dominik e Nina Oršuš, Leon, Renato e Ivana Horvat – dicono in coro di essere contenti che la loro maestra abbia pubblicato il libro. E quando gli chiedo se le vogliono bene, rispondono: “Sì”. Kum ješć?, domandano, e ridono perché non li capisco. Volevano sapere come stavo. Quindi chiedono: “Pot scažut?”, posso aiutarti?

Ad armi pari

La maestra spiega che gli alunni stanno migliorando sempre di più. Tutti finiscono la scuola primaria e s’iscrivono alla secondaria. Il fatto che Ludbreg abbia una buona scuola professionale è un’ottima occasione per loro, perché per continuare a studiare non devono andare lontano. La maggior parte dei bambini e delle bambine vuole specializzarsi in qualcosa. Le abilità linguistiche gli daranno maggiore sicurezza.

Olja Dijanošić racconta ridendo che anche la sua autostima è cresciuta molto: “In una classe avevo un ragazzo molto agitato, un tipo dispettoso. Spesso si rifiutava di scrivere. Gli dicevo: ‘Karlo, scrivi, per favore, scrivi’. E niente. Poi lui in modo spavaldo mi ha risposto: ‘Me lo dica in romaní’. Mi sono girata e ci ho riprovato: ‘Tu skrub’. E lui ha cominciato a scrivere. Voleva giocare ad armi pari, tutto qui”. ◆ ab

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Questo articolo è uscito sul numero 1431 di Internazionale, a pagina 74. Compra questo numero | Abbonati