11 marzo 2016 17:19
Una manifestazione davanti all’ambasciata egiziana di Roma per chiedere giustizia per la morte di Giulio Regeni, il 25 febbraio 2016. (Giuseppe Ciccia, Pacific Press/LightRocket/Getty Images)

Dopo molte critiche sulla mancanza di collaborazione da parte delle autorità egiziane sull’omicidio del ricercatore italiano Giulio Regeni, il 10 marzo l’Egitto ha invitato le autorità italiane al Cairo per partecipare alle indagini sul caso del ragazzo trovato morto con segni di tortura il 3 febbraio a Giza, nella periferia del Cairo. Ecco gli ultimi aggiornamenti della vicenda.

I magistrati italiani invitati al Cairo. Nei prossimi giorni il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, partirà per la capitale egiziana, dove incontrerà i magistrati che stanno indagando sulla morte di Regeni. La decisione è arrivata dopo un colloquio con l’ambasciatore egiziano in Italia. L’iniziativa è stata confermata anche dal ministro della giustizia Andrea Orlando. Si tratta di una svolta, perché fino a pochi giorni fa il procuratore di Giza aveva dichiarato che avrebbe condotto le indagini da solo.

La risoluzione del parlamento europeo contro l’Egitto. La notizia della trasferta in Egitto di Pignatone è arrivata poche ore dopo che il parlamento europeo ha approvato una risoluzione non vincolante per sospendere gli aiuti militari all’Egitto in seguito al “rapimento alle torture selvagge e all’uccisione” di Regeni. Il testo è stato approvato da un’ampia maggioranza, con 558 voti a favore, 59 astensioni e 10 voti contrari.

Il parlamento europeo ha sottolineato come l’omicidio del ricercatore italiano “non sia stato un caso isolato”, spiegando che è avvenuto in un contesto di torture, sparizioni forzate e uccisioni di persone che si trovavano nelle mani della polizia.

Il parlamento europeo ha anche fatto un elenco dei cosiddetti “prigionieri di coscienza”, gli oppositori finiti in carcere per motivi politici: tra di loro l’attivista e avvocata Mahienour el Massry, il blogger Alaa Abdel Fattah e lo studente Mahmoud Mohamed Ahmed Hussein. La mozione ha ricordato anche gli attacchi alla libertà di stampa e le esecuzioni di massa dei membri dei Fratelli musulmani, il partito dell’ex presidente Mohamed Morsi, deposto dai militari del generale Abdel Fattah al Sisi nel luglio 2013.

Come è morto Giulio Regeni. Giulio Regeni è scomparso al Cairo il 25 gennaio (il giorno dell’anniversario della rivoluzione del 2011). Sul suo cadavere, ritrovato il 3 febbraio, c’erano segni di tortura. Aveva sette costole rotte, segni di scariche elettriche sui genitali e un’emorragia cerebrale. Secondo l’autopsia che si è svolta in Italia, sarebbe stato torturato per diverso tempo (tra i cinque e i sette giorni) prima di essere ucciso. La sua morte sarebbe stata causata dalla frattura di una vertebra in seguito a un colpo violento.

L’inchiesta sulla morte di Regeni si sta svolgendo contemporaneamente sia in Egitto sia in Italia, ma i magistrati dei due paesi sono arrivati a conclusioni molto discordanti. Secondo gli investigatori egiziani, gran parte dei segni sul corpo del ricercatore non sarebbero dovuti a torture e la sua morte sarebbe stata causata da un edema cerebrale letale dovuto a un colpo alla testa, un dato compatibile con la prima ipotesi fatta dai magistrati egiziani: quella dell’incidente stradale.

Gli investigatori italiani, oltre ad aver negato da subito la tesi dell’incidente, non hanno escluso l’ipotesi di un coinvolgimento di apparati egiziani nella vicenda. A dicembre, secondo alcune testimonianza raccolte da La Repubblica, la polizia aveva cercato Regeni nel suo appartamento, senza trovarlo.

Giulio Regeni, che era un ricercatore della Cambridge University a Oxford, stava facendo degli studi sulle attività sindacali in Egitto. Un suo articolo era stato pubblicato il 14 gennaio 2016 per l’agenzia di stampa Nena e il 5 febbraio, due giorni dopo la sua morte, dal quotidiano il manifesto.

All’origine della morte del ricercatore quindi potrebbero esserci le informazioni raccolte durante le sue ricerche sui sindacati, che potrebbero essere state intercettate dai servizi segreti egiziani. Le università, da quando è in carica il governo del generale al Sisi, sono tenute sotto stretta sorveglianza dalle forze di sicurezza. Regeni, secondo questa ipotesi, potrebbe essere rimasto vittima di un conflitto tra diversi apparati di sicurezza dello stato.

Lo stesso Regeni negli ultimi mesi temeva per la sua incolumità. L’11 dicembre si era accorto di essere stato fotografato mentre partecipava a un’assemblea sindacale.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it