09 dicembre 2016 15:39

Non potremo dire che non sapevamo, che era “troppo complicato” e che non potevamo farci niente. Nessuno può ignorare quello che succede oggi ad Aleppo est. L’orrore è trasmesso dai mezzi d’informazione e dagli stessi abitanti della città, che pubblicano sui social network foto e video della loro vita quotidiana. Immagini che si tende a ignorare per non vedere che nel ventunesimo secolo si può ancora uccidere il proprio popolo in tutta impunità nascondendosi dietro ad argomentazioni geopolitiche.

La narrazione del conflitto fatta da Siria, Russia e Iran ha finito per imporsi. Oggi in Medio Oriente come in occidente chi denuncia la sorte dei civili ad Aleppo è accusato di difendere “i terroristi”. Il fatto che Teheran abbia mobilitato migliaia di combattenti libanesi, iracheni, pachistani e afgani, che costituiscono la gran parte delle forze fedeli a Damasco, non ha cambiato la percezione del conflitto. Dei mercenari reclutati in nome della difesa degli sciiti stanno guidando la “lotta contro il terrorismo” del regime e dei suoi alleati, eppure questo non basta a seminare dubbi sulle loro intenzioni e sulla realtà del conflitto.

Una minaccia esagerata
Tra i ribelli che combattono ad Aleppo est qualche centinaio è affiliato ad Al Fatah al sham (l’ex Fronte al nusra), gli altri appartengono a gruppi salafiti, jihadisti o all’Esercito siriano libero. Che alcuni di loro siano considerati una minaccia da varie potenze regionali e internazionali è comprensibile. Ma questa minaccia è stata esagerata dal regime siriano e dai suoi alleati per giustificare la distruzione di ogni forma di opposizione moderata. Inoltre le prime vittime di questa cosiddetta operazione antiterroristica sono i 25omila civili sopravvissuti, in un modo o nell’altro, ad Aleppo est.

Damasco, Mosca e Teheran hanno colpito con una barbarie così metodica da non avere più nulla di umano. Le considerazioni di ordine morale hanno perso ogni valore. Ma anche solo dal punto di vista strategico e della sicurezza, era necessario radere al suolo parte di una città plurimillenaria e distruggere la vita di migliaia di persone per colpire poche centinaia di terroristi? Non ci sarà da stupirsi se dopo una simile esplosione di violenza, che non rispetta alcuna norma del diritto internazionale umanitario, la Siria rimarrà a lungo il più grande covo di jihadisti al mondo.

Aleppo finirà per cadere. L’esercito siriano ha già riconquistato molti quartieri ribelli e nulla sembra in grado di fermarlo

Ad Aleppo la comunità internazionale ha fallito. La soluzione del conflitto siriano è complessa, ma in questa città la priorità doveva essere proteggere i civili. I paesi occidentali, Stati Uniti in testa, avrebbero potuto fare di più per esigere un cessate il fuoco e farlo rispettare.

Aleppo finirà per cadere. L’esercito siriano ha già riconquistato più del 60 per cento dei quartieri ribelli e nulla sembra in grado di fermarlo. Per Damasco la vittoria di Donald Trump alle presidenziali degli Stati Uniti e quella di François Fillon alle primarie del centrodestra in Francia rappresentano un successo sulla scena diplomatica. Presto Bashar al Assad avrà come unica opposizione, a parte i curdi, gruppi jihadisti con cui è impossibile negoziare.

In mancanza di un’alternativa credibile, si affretterà a sedere al tavolo delle trattative per imporre la sua riabilitazione. Ma non sarà una vittoria totale. La riconquista del territorio e l’isolamento dei ribelli nascondono una realtà diversa: è il caos attuale che permette ad Assad, più che mai dipendente dai russi e dagli iraniani, di restare attaccato a un’illusione di potere. E finché ci resterà, il caos non cesserà.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è stato pubblicato su Internazionale l’8 dicembre 2016 a pagina 16 con il titolo “La caduta di Aleppo servirà solo ad alimentare il caos siriano”. Compra questo numero | Abbonati

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