12 dicembre 2013 12:08

Sono arrivati i forconi. A pensarci bene, colpisce soprattutto una cosa: che siano arrivati soltanto adesso. L’Italia è reduce da una crisi che ormai dura da più di cinque anni. Il Pil in quel periodo si è ridotto quasi del dieci percento, la produzione industriale è scesa di più di venti percento, hanno chiuso centinaia di migliaia di attività, milioni di cittadini hanno perso il lavoro, il reddito e soprattutto la speranza.

Mentre gli altri paesi del Sud Europa, la Grecia, la Spagna e il Portogallo negli ultimi hanno visto imponenti manifestazioni di piazza, in Italia regnava una calma stupefacente. Gli arrabbiati si sono sfogati solo nella cabina elettorale: alcuni si sono astenuti, altri hanno regalato un successo enorme al Movimento 5 stelle.

Adesso il tappo è saltato, la rabbia è arrivata nelle piazze. E subito si è cercato di etichettare il nuovo movimento. Si parla di qualunquismo, di

poujadismo (quello strano movimento nella Francia di 60 anni fa, capeggiata da Pierre Poujade), addirittura l’estrema destra fascista. Un atteggiamento che spesso serve più a esorcizzare che a capire il nuovo fenomeno nuovo. “Ah, sono qualunquisti, eversivi”. E quindi dei poveri illusi guidati da capipopolo dalla dubbia fama, incendiari senza arte né parte.

Il nuovo movimento non brilla per intellettualismo, contenuti precisi e richieste puntuali. Dentro c’è di tutto: il commerciante sull’orlo del fallimento, l’agricoltore, l’autotrasportatore, il cassintegrato o il ragazzo disoccupato. E magari pure qualche ultrà. Ma c’è una cosa che li unisce tutti, e che si riassume nello slogan onnipresente “tutti a casa!”. È la contrapposizione che crea l’unione, un po’ come ai tempi dei no global che al G8 di Genova nel 2001 urlavano “Voi otto, noi sei miliardi!”.

Tutti a casa: la contrapposizione che ci viene proposta oggi dai forconi è quella fra casta e popolo. Un popolo arrabbiato che canta l’inno nazionale a squarciagola, sventolando le bandiere tricolori. Un movimento che vuole realizzare quel “tutti a casa”non più con le elezioni ma con i moti di piazza, i blocchi stradali, o con le “marce su Roma” ha però un elemento eversivo.

L’incendio però l’hanno appiccato altri. Le proteste di questi giorni tirano in ballo tanto la politica italiana quanto l’Europa. Una politica italiana che negli ultimi anni non ha saputo fare altro che spremere i cittadini, tagliare i servizi e aumentare le tasse, ma che ha dimostrato capacità vicine allo zero nel campo delle riforme. E soprattutto non è riuscita a tagliare i costi della politica, rafforzando l’immagine della casta.

Pensiamo invece ai mutandoni di Roberto Cota, pagati con i soldi di quei contribuenti che a loro volta si trovano in mutande. E poi c’è quell’Europa, guidata dalla cancelliera Merkel, un’Europa che mira a rafforzarsi imponendo programmi di austerity ai paesi del Sud: un’Europa che invece rischia seriamente di disgregarsi, imponendo un prezzo troppo alto a milioni di cittadini.

Sarà pure vero che i forconi non offrono soluzioni, se non quelle illusorie: cacciamoli tutti, andiamocene dall’Europa. Ma è altrettanto vero che le soluzioni vanno offerte, e presto. Servono risposte dall’Europa, ma anche dalla politica italiana. E non parliamo di soluzioni come quelle proposte dalla destra, dalla Lega, dai Fratelli d’Italia, da Forza Italia, partiti che in passato hanno avuto grandi colpe e ora soffiano sul fuoco.

Giorgia Meloni tuona contro il Porcellum, votato proprio dai suoi compagni di partito, e benedice le proteste contro la classe politica. Matteo Salvini chiede ai forconi di entrare in parlamento, Daniela Santanché si sente “vicina” a chi protesta. Questi esempi sono la sintesi dell’eterna irresponsabilità di buona parte della classe politica italiana. Queste persone non si assumono neanche la responsabilità dei loro anni di governo, ma si concedono una nuova verginità per protestare contro il loro stesso “palazzo”.

Oggi serve un atto di responsabilità. Abbiamo avuto troppi “governi del fare”. È tempo che facciano. Comincino da se stessi, se vogliono recuperare la fiducia dei cittadini. Per troppo tempo anche tanti, troppi rappresentanti del Pd hanno definito “populista” qualsiasi discorso sui costi della politica. Invece proprio in quel campo ci vuole una svolta. Una nuova legge elettorale subito, l’abolizione delle province, la cancellazione del senato: sarebbero primi segnali per reagire a quel malcontento. I forconi sono soltanto la punta dell’iceberg.

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