03 marzo 2011 00:00

L’Austria abolisce le bocciature, così si è letto nel nostro non brillante sistema informativo nazionale. In realtà la cosa è più complicata. E forse potrebbe perfino non avvenire.

Claudia Schmied, cinquantenne, economista, dapprima dirigente di imprese private e strutture pubbliche, docente di economia della cultura, dal 2007 è a capo del ministero federale per istruzione, arti e cultura. Per lei è centrale che in Austria (ma la cosa vale in generale) si rinnovi la “cultura della scuola”, il modo di guardare ad apprendimento e formazione. All’altezza del nostro tempo occorre rialzare di molto il livello quantitativo e qualitativo degli apprendimenti. Occorre estendere la scuola di base almeno fino ai sedicenni. Per onorare una funzione sociale primaria occorre poi un nuovo, faticoso impegno di insegnanti e studenti.

Il dilemma bocciare o non bocciare è povera cosa (da vecchi prof imbarbogiti e insegnanti falsamente aristocratiche) dinanzi all’impegno che si chiede. Meglio è non bocciare e riuscire nell’essenziale: un più alto numero di giovani deve studiare meglio e di più, e a ciò la bocciatura non serve. Da questa visione complessa in cui si rinnovano le grandi elaborazioni scolastiche della socialdemocrazia austriaca, discendono le proposte che Schmied ora prospetta e intende realizzare. L’opposizione non è convinta, ma pare avere meno fiato. Forse davvero entro l’anno l’Austria si allineerà ai paesi europei che ignorano le bocciature. Don Milani fa scuola a Vienna?

Internazionale, numero 887, 4 marzo 2011

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