09 settembre 2010 00:00

Alle dieci di mattina si sono calati dal terrazzo sul balcone, al dodicesimo piano. L’appartamento era vuoto e i due ragazzi si sono portati via il videoregistratore e qualche vestito. Qualche giorno prima in quella casa era arrivato un parente emigrato: forse i ladri pensavano di trovare qualche dollaro nascosto in un barattolo.

Hanno guardato dappertutto, ma la famiglia aveva già speso quel poco che l’ospite aveva lasciato. La polizia non ha rintracciato i delinquenti né la refurtiva. I vicini, spaventati, hanno cominciato a proteggere i loro balconi con delle grate e qualcuno ha comprato anche un cane.

L’Avana si è riempita di inferriate, grate e sbarre alle porte, alle finestre e agli abbaini dei tetti. Tutti hanno paura di essere svaligiati del poco che hanno e i più ricchi sanno che ci sono occhi in attesa di una minima distrazione per intrufolarsi nelle loro case.

Il furto in appartamento è diventato uno dei reati più comuni: c’è chi si gioca la vita saltando un muro per fuggire con un fon. È raro che la refurtiva venga ritrovata o il ladro sia arrestato, perché gli investigatori non hanno le risorse per analizzare le impronte digitali o il dna lasciato sulla scena del reato.

La protezione migliore contro i ladri sono le grate. Alcune sono belle, altre davvero brutte. Negli ultimi anni ne sono spuntate così tante che si ha l’impressione di vivere di nuovo in una città circondata da mura, questa volta non per difenderci dai pirati ma dai furfanti.

*Traduzione di Sara Bani.

Internazionale, numero 863, 10 settembre 2010*

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