Cultura Suoni
Liminal
Beatie Wolfe e Brian Eno (Cecily Eno)

Uno dei punti di forza di Brian Eno è la capacità di saper collaborare con gli altri. Il musicista britannico ha lavorato insieme agli U2 con lo pseudonimo Passengers, ha creato l’album My life in the bush of ghosts con David Byrne e ha contribuito a The lamb lies down on Broadway dei Genesis di Peter Gabriel. La sua ultima avventura è con l’artista concettuale Beatie Wolfe in Liminal, un collage sonoro immersivo che fonde trame ambient e suggestioni elettroniche. Pur mettendo più in risalto Eno che Wolfe, il progetto – come già Lateral, pubblicato all’inizio dell’anno – mostra un’intesa promettente. Il brano Flower woman unisce riff blues ed effetti distorti in un dialogo dinamico tra voce e strumenti. The last to know si apre con un organo inquietante, simile a quello di Where the streets have no name, mentre Before life richiama il simbolismo spirituale tipico di Eno. A volte il disco rischia l’eccesso, ma resta sempre elegante. Il momento più intenso è Corona: un brano sospeso, malinconico, che evoca pandemia, solitudine e amore senza usare parole. Qui la musica vive di vita propria. In Little boy emerge la voce calda e ipnotica di Wolfe, che invita all’introspezione. Liminal, terzo capitolo di una trilogia, è un disco enigmatico, dominato dalla ricerca timbrica. Solo Shudder like crows si avvicina a un brano pop, ricordando una collaborazione tra Paul McCartney e Youth dei Killing Joke. Le strutture restano brevi e concentrate, ma i dettagli sonori sono curati con maestria. Liminal non è un album perfetto, ma affascina per la sua malinconia autunnale e la cura del suono. Un lavoro che mostra due artisti pienamente coinvolti e che meriterebbe un seguito in cui la voce di Wolfe possa brillare ancora di più. Eoghan Lyng, Spectrum Culture

Corporal
Lorelle Meets The Obsolete (Amani Ruiz)

Questo album rimette insieme il duo messicano composto da Lorena Quintanilla e Alberto González, arrivati alla loro settima fatica. I musicisti stavolta usano lo shoe­gaze in maniera più martellante, all’interno di un contesto dance. Il brano inziale Regresar/Recordar evoca i ritmi di Temptation dei New Order, mentre Ker contiene l’oscurità pulsante del rapper britannico MF Doom. Quintanilla e González vogliono stare consapevolmente con un piede sulla pista da ballo: è il risultato della loro esperienza da dj dopo l’ultimo tour, che è stata necessaria per ritrovare un po’ di energia. Quando scelgono strade più minimaliste, come in Dilación, l’effetto è ipnotico. Corporal, cantato interamente in spagnolo, porta senza dubbio il marchio del gruppo ma segna un decisivo rinvigorimento del suo stile. Kieron Tyler, Mojo

J.S. Bach: sei suite per violoncello solo
William Skeen: violoncello

William Skeen è il primo violoncello della Philharmonia Baroque Orchestra di San Francisco e un esperto di prassi esecutiva storicamente informata. La sua registrazione delle sei suite per violoncello di Bach utilizza strumenti d’epoca: un modello di Giovanni Gracino del 1725 per le prime cinque e un violoncello piccolo italiano del 1680 circa, di origine anonima, per la sesta, oltre a una replica moderna di un archetto del 1720. Come molti altri interpreti filologici di queste opere, Skeen preferisce un’accordatura un semitono sotto l’intonazione standard e usa il vibrato con discrezione. Allo stesso tempo, le sue interpretazioni hanno una sensibilità moderna: i tempi sono ampi, mentre le dinamiche e il fraseggio hanno un sobrio tono colloquiale. Assaporate le sottili tensioni agogiche e il fraseggio a ritmi incrociati nel Preludio della quinta suite, la delicatezza eterea dell’Allemanda nella quarta o la varietà degli accenti della Giga nella prima. Mi sarebbe piaciuta un po’ più di audacia nell’ornamentazione, però la bellezza e l’autorità di queste esecuzioni sono veramente innegabili. Jed Distler, Classics Today

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1636 - 17 ottobre 2025
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