23 maggio 2016 13:20

Muhammed Muheisen, responsabile dei servizi fotografici per il Medio Oriente, Afghanistan e Pakistan dell’agenzia Ap, ad aprile ha avuto la possibilità di visitare e fotografare De Koepel, l’ex carcere di Haarlem che da qualche tempo ospita alcuni dei 60mila migranti che nel 2015 hanno raggiunto i Paesi Bassi.

Con un tasso di criminalità in discesa, i Paesi Bassi hanno parecchie strutture carcerarie inutilizzate. Inizialmente il governo olandese ha raggiunto degli accordi con Norvegia e Belgio per ospitare i loro detenuti, poi quando il flusso dei migranti è diventato più consistente alcune ex prigioni sono state trasformate in strutture di accoglienza e di asilo.

Le ex carceri di Haarlem e Arnhem, caratterizzate da tipiche strutture con ballatoi circolari e una corte centrale sormontati da una cupola, sono considerate monumenti nazionali e non possono essere cambiate, rinnovati, abbattute. Nel corso di sei settimane, Muheisen ha potuto fotografare De Koepel, ad Haarlem, e raccogliere qualche testimonianza dei migranti che sono sistemati al suo interno. Giovani coppie dall’Afghanistan, dall’Iraq, una donna mongola, cinesi, nordafricani: a giudicare dalle loro testimonianze il fatto di abitare in un ex carcere non è un problema.

Le celle possono ospitare una o due persone, ognuna di loro ha al suo interno un gabinetto e un piccolo frigorifero. Chi le abita può chiudere la porta dall’interno e dall’esterno e ovviamente può andare e venire a suo piacimento. L’unico obbligo, con alcune eccezioni, è quello di rientrare ogni sera nella struttura. Nessuno si sente un detenuto, la maggior parte delle lamentele riguarda il cibo e comunque molti dei migranti possono cominciare a pensare alla loro integrazione nel paese.

Per Muheisen questo progetto non serve a mostrare qualcosa di incredibile e di assurdo, ma serve piuttosto ad aiutare le persone ad andare oltre l’iniziale diffidenza rispetto all’idea di accogliere migranti e richiedenti asilo in strutture che in precedenza erano destinate ai detenuti.

Le foto sono state scattate tra l’aprile e il maggio del 2016.

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