22 giugno 2023 14:31

Nel 1991 Beirut è una città devastata da una logorante guerra civile che si è conclusa l’anno prima e in cui sono morte più di 150mila persone.

Il fotografo Gabriele Basilico (1944-2013) viene coinvolto dalla scrittrice libanese Dominique Eddé in un progetto collettivo della fondazione Hariri per documentare la città dopo quindici anni di conflitto. Insieme a lui partecipano anche colleghi come Raymond Depardon, René Burri, Josef Koudelka, Fouad Elkoury e Robert Frank. Nonostante sia una committenza, a nessuno di loro è richiesto di concentrarsi su elementi specifici ma solo di limitarsi all’area centrale di Beirut. L’idea è di affidare alla fotografia il ruolo di memoria storica di una tragedia. Nel giro di due mesi, da ottobre e dicembre, Basilico realizza i suoi scatti che negli anni a venire saranno seguiti da altri viaggi nella città.

Dopo quel primo reportage, il fotografo milanese torna in questi luoghi ancora tre volte. Nel 2003, su incarico della rivista di architettura Domus, diretta da Stefano Boeri, gli viene chiesto di raccontare la ricostruzione partendo dalle stesse vedute realizzate nel 1991. Cinque anni dopo è di nuovo a Beirut solo per presentare una sua mostra al Planet Discovery center, quindi stavolta può andarsene in giro, uscendo anche dal centro storico, senza dover rispettare le richieste di un committente. Nel 2009 la fondazione Hariri lancia un secondo progetto per continuare a documentare lo sviluppo della città e coinvolge ancora Basilico, che parte nel 2011. In occasione del suo secondo viaggio, nel 2003, il fotografo afferma: “La pratica del ritornare crea una singolare disposizione sentimentale: come l’attesa per un appuntamento desiderato, un risvegliarsi della memoria per luoghi, oggetti, persone, come se si riaccendesse il motore di una macchina ferma da tempo. Per Beirut è stato anche di più”.

Questo legame profondo e appassionato è oggetto di una mostra ad Alessandria che raccoglie per la prima volta in Italia tutti i viaggi a Beirut di Gabriele Basilico. È allestita nelle Sale d’Arte fino al 1 ottobre ed è curata da Giovanna Calvenzi e Christian Caujolle.

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