Il 24 giugno gli ucraini hanno fatto a gara per inventare la battuta più adatta per descrivere la “marcia” della Wagner verso Mosca. Il giorno dopo, quando l’insurrezione si è conclusa in modo ancora più inaspettato di come era cominciata, sono passati a un’altra popolare attività: cercare di trovare una spiegazione per quello che è successo.

Il primo esercizio è stato utile. Per gli ucraini ormai è raro poter osservare da lontano un evento legato al conflitto sapendo che, indipendentemente dal risultato, non saranno danneggiati direttamente. Il secondo esercizio, invece, rischia di alimentare teorie confuse e quindi di portare fuori strada. Per evitarlo bisogna tenere a mente tre punti importanti.

Il primo riguarda la responsabilità della guerra in Ucraina. L’opinione pubblica occidentale tende a pensare che sia la guerra di Putin e non della Russia. Quest’idea, sostenuta anche dalla cosiddetta opposizione russa, è stata giustamente criticata dagli ucraini perché, rimuovendo la responsabilità dalla popolazione del paese aggressore, alimenta la falsa speranza di una fine automatica della guerra quando Putin uscirà di scena.

L’insurrezione guidata da Prigožin smentisce il mito della “guerra di Putin”. La reazione degli abitanti di Rostov, che hanno accolto con favore i mercenari della Wagner, è stata eloquente da questo punto di vista. La maggioranza della popolazione non è contro la guerra. I russi non si dividono tra “militaristi” e “pacifisti”, ma piuttosto su quale sia il modo migliore di portare avanti la guerra. O su come fare in modo che la Russia non paghi le conseguenze del conflitto.

Il secondo punto riguarda il ruolo delle forze di difesa ucraine. La crisi nella Federazione russa, senza precedenti nei ventitré anni di governo di Putin, è esclusivamente il frutto della resistenza dell’esercito ucraino e della sua capacità di mandare in fumo tutti i piani del Cremlino e di costringere le autorità russe a servirsi di un esercito parallelo, il gruppo Wagner. Gli eventi del 24 giugno in Russia rappresentano una vittoria per l’Ucraina e per il suo esercito, anche se indiretta.

La guerra si sposta

Terzo punto: il Cremlino non è onnipotente. Il 24 giugno è crollata la leggenda secondo cui Putin “sconfigge sempre tutti”. Questo mito propagandistico stava già cominciando a vacillare dopo l’invasione del 24 febbraio 2022, ma continuava a essere rilanciato dagli autori di teorie del complotto.

Ora la guerra si sposta progressivamente sul territorio russo. Tutto è cominciato con incendi in varie località, poi ci sono stati attacchi di droni ai depositi di petrolio, poi i raid del corpo volontario russo e della legione Libertà per la Russia al confine. E qualche giorno fa si è arrivati alla “marcia” su Mosca. Il Cremlino non aveva previsto niente di tutto questo. Ormai è ovvio che, mentre la difesa aerea e l’aviazione russa erano operative, non c’erano forze a terra, nemmeno nelle città intorno a Mosca, in grado di opporre resistenza alla colonna armata della Wag­ner.

Putin ha permesso a Prigožin di andare in Bielorussia, una conclusione patetica per una persona che per anni si è costruita l’immagine di uomo forte della politica mondiale, arbitro del destino, maestro dell’intrigo e giocatore d’ineguagliabile astuzia. Putin, come tutto il suo regime, non è onnipotente. Sconfiggerlo non è solo possibile, ma necessario. ◆ ab

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Questo articolo è uscito sul numero 1518 di Internazionale, a pagina 23. Compra questo numero | Abbonati