Editoriali

Fare spazio alla natura conviene

La feroce ostilità del Partito popolare europeo (Ppe) e di alcune lobby del settore dell’agricoltura, della pesca e della silvicoltura nei confronti della legge europea per il ripristino della natura è irresponsabile. Il 15 giugno una versione annacquata è stata approvata per un solo voto dalla commissione ambiente del parlamento europeo. Il 20 giugno il Consiglio dell’Unione europea ha trovato un accordo sul testo, ma diversi paesi (tra cui l’Italia) hanno negato il loro sostegno. Eppure la legge è assolutamente necessaria. In Europa gran parte degli habitat è in cattive condizioni, e le cose stanno peggiorando. Le nostre economie non possono funzionare senza i servizi offerti dalla natura, come la regolazione del clima, l’impollinazione e la purificazione dell’aria, dei terreni e delle acque.

Finora le norme europee sull’ambiente non sono state fatte rispettare, sono state comunicate male e sono risultate inefficaci. Ma la nuova legge serve a correggere queste mancanze. A differenza di quanto sostiene il Ppe, punta a migliorare il territorio, non ad abbandonarlo. Questo avrebbe ricadute positive per tutti i settori. Riportare le aree umide allo stato naturale, per esempio, favorisce il ritorno degli impollinatori e quindi la produttività delle coltivazioni vicine. Inoltre assorbe anidride carbonica, mitigando il cambiamento climatico. Un bel paesaggio attira i turisti e offre benefici per la salute fisica e mentale. Perfino i piccoli progetti di ripristino dei parchi possono contribuire a rinfrescare le nostre città sempre più torride. Proteggere alcuni ecosistemi può rendere fino a dieci volte la somma investita. Molte grandi aziende, anche nel settore agroalimentare, sostengono la nuova norma. Ma l’invasione russa dell’Ucraina ha suscitato timori sulla sicurezza alimentare, che sono stati sfruttati dai gruppi d’interesse del settore agricolo. Il recente trionfo del Movimento civico-contadino alle elezioni provinciali olandesi ha seminato il panico nei partiti di centrodestra in vista delle elezioni europee del 2024.

Non sarà facile convincere i coltivatori che un’agricoltura troppo intensiva rischia di portare al collasso il sistema naturale da cui anche loro dipendono. Ed è vero che finora i progetti europei hanno offerto pochi vantaggi agli agricoltori e alla natura. Ma il ripristino della natura su basi scientifiche, guidato da princìpi di equità sociale, non è una minaccia per l’agricoltura e le comunità rurali. Al contrario, è l’unica strategia che possa garantirne il futuro. ◆ as

Torniamo a parlare con l’Iran

Il fatto che l’Iran non compaia più sulle prime pagine dei giornali a causa delle esecuzioni arbitrarie non significa che nel paese tutto sia tornato alla normalità. Al contrario, le sofferenze degli iraniani aumentano, ma è un male infido, che li logora senza fare rumore. Hanno così fame, così poche possibilità per curarsi e prospettive così misere che alcuni sono pronti a vendere un organo pur di sopravvivere, mentre altri si tolgono la vita. L’inflazione ha raggiunto livelli record: 170 per cento secondo gli esperti, anche se la cifra ufficiale è attorno al 50 per cento. Le sanzioni internazionali non sono l’unica causa del disastro: questo bilancio catastrofico sembra dovuto soprattutto alla cattiva gestione e alla corruzione dei dirigenti.

In un momento in cui le proteste di piazza hanno cominciato a diminuire (o quanto meno a dare questa impressione in modo da recuperare le forze), la situazione potrebbe provocare una nuova esplosione di rabbia. L’assenza di libertà, sommata alla fame, potrebbe convincere la popolazione che non ha più nulla da perdere e che rischiare la vita tra le pallottole è meglio che spegnersi nell’indifferenza generale. Nel 2019 era stato l’aumento dei prezzi della benzina a innescare le rivolte, subito represse brutalmente dalle autorità.

Di recente è cominciato un dialogo informale con gli Stati Uniti per cercare di allentare la morsa delle sanzioni. Certo, ci sono moltissime cose da negoziare con l’Iran, a cominciare dalla rinuncia allo sviluppo delle armi atomiche e dall’interruzione degli aiuti militari alla Russia. Ma è difficile immaginare che gli occidentali possano ridurre la pressione finanziaria su Teheran senza pretendere almeno lo stop immediato alle esecuzioni dei manifestanti e uno sforzo per rendere più accessibili i prodotti di prima necessità. ◆ as

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1517 - 23 giugno 2023
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