Editoriali

La falsa democrazia indiana

Il 19 aprile l’India darà il via a quello che è stato definito il più grande esercizio di democrazia elettorale della storia: un miliardo di persone parteciperà alle elezioni, che dureranno 44 giorni. Il primo ministro Narendra Modi ha parlato più volte del suo paese come “madre della democrazia”. Se è così, allora l’aumento della repressione contro i partiti d’opposizione suggerisce che la matriarca del governo rappresentativo è in cattiva salute. Gli attacchi alla libertà d’espressione e alle altre forze politiche hanno caratterizzato il governo del partito di Modi, il Bharatiya janata party(Bjp), specialmente dopo la vittoria alle elezioni del 2019. Il suo aggressivo nazionalismo indù ha eroso la tradizione laica dell’India.

L’aspetto più allarmante è la frequenza con cui le istituzioni statali sono usate per soffocare i partiti e i politici avversari. Un esempio è il recente arresto di Arvind Kejriwal, governatore della regione di New Delhi dal 2015 e uno dei leader più in vista dell’opposizione, accusato di aver partecipato a una “frode” sulle vendite di alcolici. Poco prima dell’arresto, il partito del Congress, la principale forza d’opposizione, aveva annunciato che i suoi conti bancari erano stati congelati a causa di un contenzioso con il fisco. Rahul Gandhi, leader del Congress, ha dichiarato che il partito non ha potuto pagare le spese della campagna elettorale.

In realtà è sorprendente che il Bjp attacchi i suoi avversari, dal momento che secondo i sondaggi otterrà facilmente un terzo mandato. La distanza tra la retorica democratica del primo ministro Modi e la realtà è ormai evidente. La capacità di attirare investimenti, e di presentarsi come partner geopolitico credibile per i paesi che vogliono prendere le distanze da una Cina sempre più autoritaria, si basa soprattutto sull’immagine dell’India come stato democratico e di diritto.

Spesso le democrazie occidentali hanno chiuso un occhio sui suoi passi indietro. Ma le cose stanno cambiando. Dopo che New Delhi ha convocato il principale diplomatico statunitense in seguito alle critiche per l’arresto di Kejriwal, Washington ha ribadito la sua preoccupazione. Gli altri paesi democratici dovrebbero essere altrettanto inflessibili. Proteggere le libertà politiche è nell’interesse sia della crescita e del benessere dell’India, sia delle ambizioni di Modi di rafforzare il ruolo del paese come punto di riferimento per la comunità internazionale. ◆ as

I governi dimenticano le donne

Nel 2025 ci sarà il trentesimo anniversario della dichiarazione di Pechino, un momento storico per i diritti delle donne: 189 stati firmarono il testo conclusivo della conferenza e la first lady degli Stati Uniti Hillary Clinton affermò che “i diritti delle donne sono diritti umani”. Ma durante le celebrazioni la commissione delle Nazioni Unite incaricata di promuovere e valutare i progressi sull’uguaglianza di genere sarà guidata dall’Arabia Saudita, un paese noto per gli abusi nei confronti delle donne.

La situazione della parità di genere, comunque, preoccupa un po’ ovunque. La Cina ha invitato le donne a “sostenere i valori della famiglia” e ha represso le campagne femministe; gli Stati Uniti hanno cancellato il diritto costituzionale all’aborto; in Afghanistan, dove le donne hanno già un accesso limitato all’istruzione, al mondo del lavoro e agli spazi pubblici, i taliban hanno annunciato il ritorno della condanna a morte per lapidazione. I politici del Gambia vogliono cancellare il divieto delle mutilazioni genitali femminili e la Corea del Sud vuole eliminare il ministero per l’uguaglianza di genere.

Le donne soffrono in modo particolare le conseguenze della fame, che ha provocato un aumento della violenza sessuale, dello sfruttamento e dei matrimoni infantili. Secondo le Nazioni Unite, al ritmo attuale serviranno tre secoli per cancellare le leggi discriminatorie. All’origine della lentezza del cambiamento c’è soprattutto la generale mancanza d’impegno per difendere l’uguaglianza di genere. Troppi governi hanno dimenticato il messaggio della conferenza di Pechino, cioè che i bisogni delle donne sono una componente fondamentale dei diritti umani. I diritti sessuali e riproduttivi e la libertà di movimento spesso sono una questione di vita o di morte. ◆ as

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1557 - 5 aprile 2024
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