Allegorie e metafore visive continue, didascalismo del graphic journalism su tematiche gravi, piccole parabole dal tono umoristico, colore e bianco e nero, squarci pittorici per esprimere una disperazione esistenziale e sociale. Il tunisino Othman Selmi varia molto i registri narrativi a cui corrisponde un’altrettanto grande varietà di stili grafici o tecniche visive perfettamente sincroniche al registro narrativo scelto. E sperimenta fin dal fatto di aver scelto l’instabilità permanente, sia formale sia nelle modalità di narrazione, speculare a quella sociale ed economica in cui vive, segnata da un pervasivo sentimento kafkiano. Si va da flash di una pagina su dieci modi di morire a Tunisi al racconto lungo pittorico e privo di testo sull’assoluta assenza di diritti per il piccolo lavoratore o commerciante a causa della corruzione (Spark), passando per fiabe politiche sulla cecità di sudditi che vogliono fingere di essere cittadini repubblicani (Il popolo lumaco). I risultati sono tutti interessanti anche se diseguali e formano uno spaccato-mosaico abbastanza raro, se non unico, di vita e storia della Tunisia anche per via della cronologia temporale piuttosto ampia, narrata per frammenti brevi e scorrevoli. Non c’è autocommiserazione nemmeno quando sono elencate le colpe del colonialismo anche perché quelle attuali della società e della politica predominano, in particolare nelle cartoline pubblicate nel 2011, 2014 e 2023 su Internazionale. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1550 di Internazionale, a pagina 81. Compra questo numero | Abbonati