Vorrei solidarizzare con Mara Venier. Nella consueta puntata di Domenica in (RaiUno) dedicata a Sanremo, i giornalisti invitati chiedono a Ghali cosa ne pensa delle dure parole dell’ambasciatore israeliano in risposta al suo “stop al genocidio” pronunciato sul palco dell’Ariston. Il cantante replica e la Venier lo interrompe con l’irresistibile “amore di zia”, qui si parla di musica, non di politica. Pochi minuti dopo, la stessa Venier si vede costretta, per ragioni gerarchiche, a leggere un comunicato riparatore dell’amministratore delegato della Rai in appoggio a Israele e alla comunità ebraica. E così la Mara, che aveva appena redarguito i cantanti e i giornalisti per aver trattato argomenti che non si limitavano alla scala di do, si è trovata suo malgrado a fare da megafono a puntualizzazioni puramente politiche. Solidarizzo con la brava conduttrice perché tra il fuoco del capo a cui non puoi dire di no e quello di un trentenne con un pensiero più urgente della scaletta prevista dagli autori ha potuto solo sussurrare un disperato “così mi mettete in difficoltà”. In pochi minuti Venier ha visto vacillare il suo mondo, costruito in anni di lavoro, investita dalle ragioni di una generazione che la tv manco la guarda e da una dirigenza che in diretta, e senza alcuna remora, l’ha declassata per ragioni di stato. Lei, che come una parente esuberante sapeva mettere tutti in riga con un bacio, un abbraccio e un “amore di zia”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1550 di Internazionale, a pagina 76. Compra questo numero | Abbonati