La crisi del settore agricolo francese ed europeo dimostra che non si può immaginare uno sviluppo duraturo senza ridurre drasticamente le disuguaglianze sociali e le ingiustizie economiche. Le autorità politiche di Parigi e di Bruxelles continuano invece a puntare sui pesticidi e gli inquinanti, senza creare gli strumenti per affrontare le storture dei dogmi liberisti. La risposta sembra tanto più inadeguata se consideriamo che l’agricoltura è uno dei settori professionali dove le disuguaglianze sono più grandi. La ricerca di una soluzione deve partire da questo dato di fatto.

Ma facciamo un passo indietro. Nelle ultime settimane in Francia si è parlato molto di un dato: nel 2022 il reddito medio annuale degli agricoltori ha raggiunto i 56mila euro, molto più di quanto si immagina di solito. Per interpretare i dati nel modo corretto bisogna fare delle precisazioni. Dallo studio sono escluse alcune delle attività agricole più piccole. Il ministero ha precisato che l’analisi comprende il 95 per cento delle superfici coltivabili e il 99 per cento della produzione, ma rimane comunque fuori dallo studio una percentuale di agricoltori compresa tra il 10 e il 20 per cento. Inoltre è fondamentale fare chiarezza su come sono stati calcolati i redditi. Si parla del reddito medio annuale di un agricoltore che lavora a tempo pieno, al netto di tutti i costi operativi compresi quelli finanziari (interessi sui prestiti) e le quote di ammortamento per i macchinari, ma prima del pagamento dell’imposta sul reddito e dei contributi della previdenza sociale. Questo spiega in gran parte come si arriva a 56.014 euro.

Nel mondo del lavoro autonomo le disuguaglianze di reddito sembrano molto più rilevanti tra gli agricoltori che in altre categorie, come commercianti e ristoratori

Se calcoliamo la remunerazione media di un dipendente a tempo pieno in Francia nel 2022, includendo tutti i contributi previdenziali, compresi quelli versati dal datore di lavoro, arriviamo a una media di circa 60mila euro all’anno, anche più alta di quella degli agricoltori. Secondo gli stessi criteri, il reddito medio di un medico arriva a 120mila euro all’anno (90mila per i medici generici, 150mila per gli specialisti). I lavoratori agricoli, come tutti i lavoratori autonomi, versano contributi molto più bassi rispetto ai dipendenti, quindi il loro reddito medio al netto dei contributi è sensibilmente più alto.

Tuttavia, questi minori versamenti si traducono in una previdenza sociale (pensioni e sanità) meno robusta, cosa che obbliga i contadini a risparmiare di più per compensare.

Ancora più dei medici e degli altri lavoratori autonomi, gli agricoltori sono inoltre costretti a investire grosse somme in proprietà immobiliari che in teoria possono rivendere una volta andati in pensione, ma a costo di incorrere nei rischi del mercato. In definitiva i 56mila euro del reddito medio non sono una cifra esorbitante. D’altra parte, secondo le statistiche il settore agricolo è il più iniquo in Francia, se si considera l’estrema disuguaglianza nella distribuzione dei redditi rispetto alla media. In generale le disparità remunerative all’interno delle professioni autonome sono molto più nette rispetto a quelle del lavoro dipendente, e sembrano molto più rilevanti in agricoltura che in altri settori, come il commercio, la ristorazione, i trasporti e l’edilizia. Concretamente, a fronte di un reddito medio di 56mila euro, sappiamo che il 25 per cento degli agricoltori supera i 90mila euro e che il 10 per cento va oltre i 150mila. I redditi di diverse centinaia di migliaia di euro all’anno non sono rari, soprattutto tra i dirigenti della Fédération nationale des syndicats d’exploitants agricoles (un’organizzazione di ventimila associazioni agricole locali e 22 federazioni regionali), che spesso sono anche azionisti in aziende dell’industria agroalimentare.

All’altro estremo della scala, il 10 per cento con redditi più bassi arriva a meno di 15mila euro, quindi in molti casi ben al di sotto del salario minimo, tenendo conto degli orari di lavoro. Esistono inoltre differenze importanti tra le categorie, con un reddito medio che varia dai 19mila euro per gli allevatori di bovini e caprini ai 124mila euro per gli allevatori di suini, i cui guadagni sono cresciuti molto negli ultimi trent’anni.

Cosa possiamo concludere? Prima di tutto, è chiaro che le soluzioni uguali per tutti non hanno senso. Cancellare la tassa sul carburante agricolo o reintrodurre i pesticidi significa favorire ulteriori guadagni per chi incassa già più di 150mila euro rispetto a chi ha un reddito inferiore ai 15mila. Inoltre è assurdo rispondere alla concorrenza dei pesticidi stranieri rendendo meno incisive le norme sulla produzione francese. Una soluzione migliore sarebbe introdurre subito misure di salvaguardia pensate per far pagare agli importatori il beneficio indebito dovuto al mancato rispetto delle norme francesi sulla produzione. Usciremo dalla crisi attuale solo affrontando in modo diretto le disuguaglianze del mondo agricolo e le sfide dell’agricoltura biologica. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1550 di Internazionale, a pagina 37. Compra questo numero | Abbonati