I politici di estrema destra del governo di Benjamin Netanyahu chiedono che Israele reagisca all’attacco iraniano della notte tra il 13 e il 14 aprile, mentre i moderati della coalizione, tra cui l’ex ministro delle difesa Benny Gantz, che fa parte del gabinetto di guerra, sono per un atteggiamento equilibrato che scongiuri l’escalation.

Anche se qualcuno al suo interno ha lanciato appelli in favore di una rappresaglia, il 13 aprile il gabinetto di sicurezza ha autorizzato quello di guerra – in cui possono votare solo Gantz, Netanyahu e il ministro della difesa Yoav Gallant – a prendere la decisione finale sulla questione. Con un messaggio che può fornire un’indicazione su come Israele risponderà, nel pomeriggio del 14 aprile Gantz ha dichiarato che il paese deve rafforzare “l’alleanza strategica e la cooperazione regionale”, i fattori che gli hanno permesso di resistere all’attacco: “Costruiremo una coalizione regionale e regoleremo i conti con Teheran, nei modi e nei tempi più adatti. E soprattutto, di fronte al desiderio dei nostri nemici di farci del male, ci uniremo e diventeremo più forti”, ha dichiarato Gantz. Poi ha ribadito l’intenzione di continuare l’operazione militare nella Striscia di Gaza: “Non abbiamo ancora raggiunto i nostri obiettivi, innanzitutto il ritorno degli ostaggi”.

Il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir è favorevole a un contrattacco “schiacciante”, che considera l’unico sistema per la deterrenza: “La risposta non dev’essere uno spauracchio”, ha dichiarato l’esponente dell’estrema destra. “I concetti di moderazione e proporzionalità sono tramontati il 7 ottobre”.

Alla retorica di Ben Gvir ha fatto eco il ministro delle finanze, l’ultranazionalista Bezalel Smotrich: “Gli occhi del mondo sono puntati su Israele. Se la nostra risposta risuonerà in tutto il Medio Oriente per le generazioni future, vinceremo. Se esitiamo, metteremo in pericolo noi stessi e i nostri figli”. In precedenza Smotrich aveva esortato Israele a invadere la città di Rafah, nel sud di Gaza, e a “ripristinare il pieno controllo israeliano” su tutta la Striscia. Queste dichiarazioni sono arrivate dopo che Biden, ha riferito l’agenzia di stampa statunitense Axios, aveva ribadito a Netanyahu la sua contrarietà a qualsiasi contrattacco israeliano all’Iran.

Una preparazione sufficiente

Oltre a Ben Gvir e Smotrich, anche altri componenti del gabinetto di sicurezza hanno rilasciato dichiarazioni aggressive. Ma le richieste di un attacco immediato sono state tutt’altro che unanimi: perfino alcuni falchi del gabinetto e della knesset (il parlamento israeliano) hanno invitato a non lanciarsi in un conflitto regionale senza una preparazione sufficiente.

Danny Danon, deputato del Likud, il partito di Benjamin Netanyahu, ritiene necessaria una rappresaglia il prima possibile, ma allo stesso tempo insiste sul fatto che non è utile analizzare la potenziale risposta di Israele “in base alle pressioni politiche”. Altri esponenti del Likud sono del suo stesso avviso. Secondo una fonte interna al partito, il sentimento è per lo più a favore della rappresaglia, ma non c’è consenso sulle modalità dell’attacco. Tuttavia divergenze simili hanno probabilmente meno peso di quanto pensino molti osservatori. “Vedo solo un prendere posizione a fini politici”, ha dichiarato la fonte.

L’opposizione sembra più vicina alle parole di Gantz. Secondo il leader laburista uscente Merav Michaeli, il ruolo degli alleati di Israele nello sventare l’attacco “ha dimostrato quanto sia cruciale per la sicurezza nazionale l’alleanza strategica con gli Stati Uniti e i paesi della regione”.

“Chi ha criticato Washington, gli accordi regionali e i vertici della sicurezza ora dice che è il momento di un ‘attacco decisivo’, senza rendersi conto che Israele non è solo di fronte a queste minacce”, aggiunge Michaeli.

“Non permettete a queste persone di nascondersi dietro parole bellicose e di condurci in una guerra regionale terribile e senza fine, che servirà solo a Netanyahu. Bisogna sfruttare lo slancio per un accordo regionale che fermi il conflitto e riporti a casa gli ostaggi”. ◆ dl

Dall’Iran
Entusiasmo e dubbi

Nella stampa iraniana che sostiene il regime i commenti all’attacco a Israele hanno un tono trionfalistico. Per Javan è “un’offensiva storica” che manda “un messaggio chiaro” a Israele e agli Stati Uniti. Il giornale vicino ai Guardiani della rivoluzione avverte i due paesi che se oseranno reagire “scaveranno la loro tomba nella regione”.

Anche il quotidiano riformista Shargh approva l’azione del governo, riportando le parole di un portavoce del ministero degli esteri, secondo il quale l’operazione è stata svolta per “legittima difesa”, considerata l’aggressione di Israele contro l’edificio consolare iraniano a Damasco del 1 aprile. Il giornale afferma che “le forze armate si sono comportate in modo professionale” e che “l’Iran non vuole aumentare la tensione nella regione” ma solo “scoraggiare e punire” un’aggressione, tenendo conto della “inazione” e del “comportamento irresponsabile” degli Stati Uniti, del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e di molti stati europei. Sulle pagine di Etemad, un altro quotidiano riformatore, il politologo Abbas Abdi sostiene che questo episodio provocherà una guerra totale tra Iran e Israele: “Non c’è una soluzione per prevenire un conflitto, l’unica possibilità è modificare la nostra politica regionale”.

I siti d’informazione della diaspora propongono analisi più critiche e punti di vista diversi. Un articolo di Iran Wire sottolinea che gli iraniani sono divisi tra due posizioni: chi teme la prospettiva di una guerra e chi spera che un conflitto possa essere usato come strumento per rovesciare la Repubblica islamica. In mezzo a tutte queste tensioni le donne devono affrontare altri problemi, nota la giornalista Roghayeh Rezaei: dal 13 aprile la polizia ha inasprito i controlli nei confronti delle iraniane che non rispettano l’obbligo di indossare il velo. Rezaei ricorda che anche “il corpo della donna è simile a un campo di battaglia”, riprendendo le parole dell’attivista femminista Zeinab Zaman. ◆


Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1559 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati