12 agosto 2016 12:00

Una serie di esplosioni ha colpito cinque delle più popolari località turistiche nel sud della Thailandia l’11 e il 12 agosto, provocando quattro morti e decine di feriti. Le autorità tailandesi escludono che si tratti di terrorismo internazionale, ma attribuiscono la responsabilità a gruppi di ribelli locali. Ecco cosa sappiamo finora:

  • Quattro esplosioni sono avvenute a Hua Hin, località a circa duecento chilometri a sud di Bangkok che hanno provocato la morte di due persone e il ferimento di altre ventuno.
  • A Hua Hin si trova il palazzo reale Klai Kangwon, dove spesso risiedono il re Bhumibol Adulayadej e la moglie Sirikit. Oggi in Thailandia si festeggia il compleanno della regina.
  • Altre due esplosioni sono avvenute a Surat Thani, dove è morta una persona.
  • Due ordigni sono esplosi a Patong e a Phang Nga, località turistiche sull’isola di Phuket. A Patong c’è stato un ferito, che non è in gravi condizioni.
  • Un’esplosione è avvenuta a Trang dove è morta una persona.
  • I due italiani feriti nelle esplosioni di questa notte sono Lorenzo Minuti, 21 anni, e Andrea Tazzioli, 51 anni. Il primo è stato medicato e poi dimesso dal pronto soccorso, il secondo è ancora ricoverato, ma non è in pericolo di vita.
  • Il 7 agosto una nuova e controversa costituzione è stata adottata in Thailandia, dopo un referendum che si è tenuto in tutto il paese. Circa 50 milioni di elettori sono stati chiamati alle urne, ma solo il 55 per cento degli aventi diritto è andato a votare, secondo i mezzi d’informazione locali. Il paese è governato dal 2014 da una giunta militare che ha preso il potere con un colpo di stato.
  • Nel sud della Thailandia, nelle regioni di Pattani, Yala e Narathiwat, sono attivi i ribelli separatisti, che al momento sono i principali indiziati per gli attacchi, anche se non ci sono state rivendicazioni. Si tratta di circa venti gruppi armati, riuniti nel Fronte nazionale rivoluzionario (Brf), che combattono da anni per ottenere l’autonomia della regione, al confine con la Malesia, dove vivono due milioni di persone di religione musulmana. Il conflitto tra questi gruppi armati e l’esercito ha prodotto circa seimila vittime.
  • I separatisti del sud, tuttavia, non hanno mai colpito località turistiche e se fosse confermato che sono i responsabili di quest’ultimo attacco significherebbe un cambiamento nella strategia militare del gruppo.
  • Ci sono altre due piste di terrorismo interno che potrebbero essere prese in considerazione: quella dei nazionalisti delle camice rosse (i sostenitori degli ex premier Thaksin e Yingluck Shinawatra) e quella, meno probabile, degli uiguri (una minoranza turcofona di religione islamica).

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